mercoledì 25 ottobre 2017

PEOPLE_Peter Lindbergh



Celebre per le sue memorabili immagini cinematografiche, Peter Lindbergh è riconosciuto come uno dei più influenti fotografi contemporanei. Nato a Lissa (Germania) nel 1944, ha trascorso l'infanzia a Duisburg (Renania Settentrionale-Vestfalia). Ha lavorato come vetrinista per un grande magazzino e si è iscritto all'Accademia di Belle Arti di Berlino all'inizio degli anni 60. Ricorda così quegli anni: "Preferivo seguire le orme di Van Gogh, il mio idolo, piuttosto che dipingere i classici ritratti e i paesaggi che ci insegnavano a scuola...". Ispirato dal lavoro del grande pittore olandese, si trasferisce ad Arles per circa un anno, per poi partire in autostop alla volta di Spagna e Nord Africa. Più tardi studia pittura libera alla Scuola d'Arte di Krefeld. Influenzato da Joseph Kosuth e dal Movimento Concettuale, ancora prima di diplomarsi viene invitato a esporre alla galleria avanguardista di Denise René e Hans Mayer nel 1969. Si trasferisce a Düsseldorf nel 1971, comincia a dedicarsi alla fotografia e lavora per due anni come assistente del fotografo tedesco Hans Lux, per poi aprire il suo studio nel 1973. Una volta raggiunta la fama in patria, entra a far parte della grande famiglia di collaboratori della rivista Stern, come altri fotografi leggendari tra cui Helmut Newton, Guy Bourdin e Hans Feurer e si trasferisce a Parigi nel 1978 per seguire nuovi percorsi di carriera. Ritenuto un pioniere della fotografia, introduce una forma di nuovo realismo che ridefinisce i canoni della bellezza, da lui immortalati in immagini senza tempo. L’approccio umanista e il concetto idealizzato di donna diventano caratteri distintivi del suo lavoro, con una particolare enfasi sull'anima e sulla personalità. La sua visione unica presenta i soggetti in uno stato di purezza, "in tutta onestà", lasciando da parte qualsiasi stereotipo a favore di volti quasi totalmente privi di trucco, spogliati in modo tale da esaltare l'autenticità e la bellezza naturale delle donne che fotografa. Offre una nuova interpretazione della donna post-anni 80 senza prestare particolare attenzione all'abbigliamento, convinto che "Solo dopo aver eliminato la moda e l'artificio, si riesce finalmente a vedere la persona". La giornalista britannica Suzy Menkes afferma che "il rifiuto di piegarsi alla perfezione della copertina patinata è il marchio di fabbrica di Peter Lindbergh, l'essenza di immagini che scrutano l'anima più vera del soggetto, che si tratti di un personaggio più o meno famigliare o famoso." Lindbergh è stato il primo fotografo a inserire la dimensione narrativa nelle serie fotografiche e questa forma di story-telling ha aperto le porte a una nuova concezione della fotografia d'arte e di moda. Nell'arco degli anni ha creato immagini che hanno segnato la storia della fotografia, caratterizzate da un approccio minimalista alla fotografia post-modernista. Nel 1988, quando ha ormai conquistato la fama in ambito internazionale, lancia una nuova generazione di modelle da lui scoperte di recente, che ritrae vestite soltanto di camicie bianche. L'anno successivo fotografa per la prima volta insieme Linda Evangelista, Naomi Campbell, Cindy Crawford, Christy Turlington e Tatjana Patitz, all'epoca giovani modelle, per la leggendaria copertina di gennaio 1990 di Vogue UK. Il cantante pop George Michael, che ha lanciato il "movimento delle Supermodelle", seguito a ruota da Gianni Versace, si è ispirato proprio alle fotografie di Lindbergh apparse su Vogue per il leggendario video di "Freedom '90", che ha sancito l'inizio dell'era delle modelle-star e ha ridefinito l'immagine della donna moderna. Nel numero di maggio 2016 della prestigiosa rivista Art Forum, Lindbergh dichiara in un'intervista con la giornalista Isabel Flower: "Un fotografo di moda dovrebbe contribuire a definire l'immagine della donna e dell'uomo contemporaneo nella loro epoca, riflettendo una particolare realtà sociale e umana. Quanto è surreale invece l'attuale approccio commerciale che punta a ritoccare e cancellare qualsiasi traccia di vita ed esperienza, perfino la verità più intima del volto stesso?" Celebre per le sue serie fotografiche narrative, Lindbergh è conosciuto soprattutto per i ritratti essenziali e rivelatori, le nature morte, le forti influenze del cinema tedesco degli inizi e il contesto industriale della sua infanzia, la danza e il cabaret, ma anche per i paesaggi e lo spazio. A partire dalla fine degli anni 70 Lindbergh ha lavorato con le più famose case e riviste di moda, tra cui varie edizioni internazionali di Vogue, The New Yorker, Rolling Stone, Vanity Fair, Harper's Bazaar US, Wall Street Journal Magazine, Visionaire, Interview e W. Nel 2016 è stato scelto per la terza volta, un vero e proprio record, per realizzare l'edizione 2017 del Calendario Pirelli, dopo essere stato il primo a firmarne per ben due volte le immagini nei cinquant'anni di questo iconico calendario, di cui aveva in precedenza realizzato le edizioni 1996 e 2002. Le sue fotografie si trovano nelle collezioni permanenti di molti musei d'arte di tutto il mondo e sono state esposte in prestigiosi musei e gallerie. Oltre all'esposizione A Different Vision on Fashion Photography alla Kunsthal di Rotterdam e ora alla Reggia di Venaria, si ricordano le mostre al Victoria & Albert Museum (Londra), al Centre Pompidou (Parigi), nonché varie personali all'Hamburger Bahnhof (Berlino), al Bunkamura Museum of Art (Tokyo) e al Museo di Belle Arti Pushkin (Mosca). Lindbergh ha diretto numerosi film e documentari che hanno raccolto il successo della critica, tra cui: Models, The Film (1991), Inner Voices (1999) che ha vinto il premio come Migliore Documentario al Festival Internazionale del Film di Toronto (TIFF) in 2000, Pina Bausch, Der Fensterputzer (2001) e Everywhere at Once (2007), con la voce narrante di Jeanne Moreau, presentato al Festival di Cannes e al Tribeca Film Festival. Rappresentato dalla Gagosian Gallery e da 2b Management, vive attualmente tra Parigi, Arles e New York.

martedì 24 ottobre 2017

ART & CULTURE_I costumi della Scala in mostra



Arte, moda, teatro: diverse forme di espressione con cui parlare di cultura a tutto tondo, valorizzando un patrimonio di inestimabile valore, frutto di anni e anni di produzioni senza eguali che hanno caratterizzato le programmazioni del Teatro alla Scala di Milano.
Un’eredità che trova oggi valorizzazione con la mostra “Incantesimi. I costumi del Teatro alla Scala dagli anni Trenta a oggi”: ventiquattro straordinari costumi esposti nelle sale degli Arazzi di Palazzo Reale, selezionati e restaurati tra i numerosi abiti di scena custoditi nei magazzini del Teatro alla Scala. L’esposizione e il restauro sono promossi dall’Associazione Amici della Scala che celebra i 40 anni di attività, proseguendo nell’impegno di valorizzazione del patrimonio storico scaligero.
I costumi esposti si devono alle firme più celebri nella storia del teatro. Caramba, mago della Scala negli anni di Toscanini; Franco Zeffirelli, uomo di spettacolo tout court; Anna Anni, attenta e poetica indagatrice delle epoche storiche; i premi Oscar Piero Tosi, Gabriella Pescucci e Franca Squarciapino; Pier Luigi Pizzi, artefice di fasti barocchi; Gianni Versace, con le sue creazioni per Robert Wilson, sono solo alcuni dei nomi che in teatro hanno goduto della libertà di osare, sperimentando forme e materie nuove che solo la realtà immaginifica del palcoscenico rende possibili.
In quattro sezioni tematiche la mostra celebra la storia e l’identità del Teatro, dagli anni Trenta fino ai nostri giorni. Ogni costume rimanda alla creazione di storici spettacoli per la regia di Visconti, Strehler, Ronconi, Wilson, Carsen e molti altri. Ad indossarli, divi quali Callas, Tebaldi, Fracci, Nureyev.
L’esposizione a cura di Vittoria Crespi Morbio, storica della scenografia teatrale ed esperta dei rapporti tra arti figurative e teatro musicale, è una finestra sulla storia del costume che intende mostrare l’evoluzione del gusto e dello stile, tagli e tessuti attraverso la creatività dei più grandi costumisti e il lavoro delle maestranze scaligere.
Firmato da Anusc Castiglioni,  Luca Scarzella, Massimo Zanelli, l’allestimento evoca un palcoscenico di teatro che si estende per 4 sale, con la sfilata dei costumi illuminati come se abitassero la scena. Sullo sfondo le immagini dei grandi interpreti, in un gioco raffinato di proiezioni.
Il restauro e la valorizzazione di gran parte dei costumi esposti sono stati affidati all'“Atelier Brancato”.
Palazzo reale, Milano

Fino al 28 gennaio 2018 

lunedì 23 ottobre 2017

ART & CULTURE_Fendi Studios



FENDI da sempre è attenta alle commistioni tra la moda e le molteplici forme d’arte, ponendo al centro dell’attenzione una sensibilità per la bellezza autentica. Il cinema, in particolare, ha rappresentato per la Maison una disciplina con la si è confrontata diverse volte, dando vita a indimenticabili connubi, basti ricordare “Gruppo di famiglia in un interno” di Luchino Visconti con una raffinatissima Silvana Mangano. Per celebrare questo profondo e duraturo legame, FENDI organizza una mostra innovativa e sorprendente, intitolata FENDI STUDIOS, ospitata presso il Palazzo della Civiltà Italiana, sede della Maison romana dal 27 ottobre 2017 al 25 marzo 2018 (ingresso libero). Complici le tecnologie digitali e immersive, l’esposizione coinvolge il visitatore in un magico viaggio alla scoperta dell’universo del marchio e, soprattutto, del suo legame indissolubile con il cinema. Dislocata in diversi spazi, consente un’inedita esplorazione: in particolare, negli studios è possibile immergersi in alcuni set cinematografici interattivi tratti dai film per i quali FENDI ha realizzato abiti, accessori e capi in pelliccia, come, per esempio, Evita, Il diavolo veste Prada, Grand Budapest Hotel. A corollario, un calendario di proiezioni quotidiane di film selezionati appositamente dalla Maison.
FENDI STUDIOS rappresenta un invitto a scoprire, in chiave moderna e contemporanea, la passione di FENDI per il cinema e il legame che li lega. Una passione fatta di glamour e creatività, dedizione ed emozione.
I visitatori hanno la possibilità di vivere un’esperienza unica, interagendo con i film e reinventandoli, entrando nelle scene e diventandone protagonisti. Il tutto, condividendolo in tempo reale.

FENDI STUDIOS
Palazzo della Civiltà Italiana, Roma
Dal 27 ottobre 2017 al 25 marzo 2018

Ingresso libero

venerdì 20 ottobre 2017

LEISURE_Scatti di Cinema & Moda



Dal 26 ottobre al 5 novembre si svolgerà a Roma la dodicesima edizione del Festival del Cinema di Roma. Un appuntamento dall’ampio respiro, ricco di eventi, ospiti e proiezioni. Un fitto calendario, arricchito da interessanti iniziative collaterali, volte a evidenziare il ruolo del cinema quale collettore culturale nonché le sue molteplici commistioni con altre forme artistiche. Tra queste, imperdibile è la mostra “Scatti di Cinema & Moda”, allestita con i più sofisticati scatti fotografici a noti attori e attrici, realizzati e pubblicati dal magazine Luxury Files Magazine, punto di riferimento per la comunicazione del made in Italy e del savoir-faire italiano. Protagonisti, i volti inconfondibili di coloro che interpretano quotidianamente il cinema, associando a se stessi storie di bellezza e bravura e che per un giorno, sul set, hanno interpretato il connubio tra la settima arte e la moda attraverso suggestioni oniriche. Emozioni in cui è protagonista indiscussa la luce. Fra i protagonisti degli scatti in mostra: Carolina Crescentini, Giorgio Pasotti, Stefania Rocca, Miriam Leone, Rocio Munoz Morales, Giulia Bevilacqua, Fabio Troiano, Anna Foglietta, Elena Radonicich, Daniela Virgilio, Alessandro Roja, Tea Falco, Giorgio Marchesi, Giulio Berruti, Vincenzo Amato e Gianmarco Tognazzi.
La mostra, patrocinata dalla Festa del Cinema di Roma, sarà aperta al pubblico dal 26 ottobre al 5 novembre dalle 18.30 alle 21.00 nella splendida cornice dell’Hotel de Russie, da sempre location amata dalle celebrities di tutto il mondo.

Scatti di Cinema & Moda
Hotel de Russie, via del Babuino 9, Roma
Dal 26 ottobre al 5 novembre 2017
Ingresso libero

giovedì 19 ottobre 2017

ART & CULTURE_Peter Lindbergh in mostra alla Venaria



Naomi Campbell, Cindy Crawford, Linda Evangelista, Charlotte Rampling sono solo alcune delle magnifiche donne che hanno trovato in Peter Lindbergh uno dei principali interpreti della loro bellezza. Modelle, attrici, ballerine e icone, il fotografo ha immortalato le donne più belle di sempre, dando vita a un nuovo modo di vivere la fotografia di moda: non più scatti algidi e in posa, bensì immagini che hanno utilizzato un linguaggio disinibito, ispirato al mondo cinematografico e della danza, col quale esprimere la grazia oltre all’aspetto meramente estetico. Niente trucco, massima spontaneità, bianco e nero: questi i tratti caratteristici di Lindbergh, che ne hanno fatto una delle più autorevoli firme della fotografia di moda e che sono ammirabili ora nella mostra “Peter Lindbergh. A different Vision on Fashion Photography” presso la Reggia di Venaria (Torino) fino al 4 febbraio 2018. Esposte, 220 delle sue migliori fotografie, realizzate dal 1978 ad oggi: non solo le immagini iconiche di quattro decenni di lavoro, ma anche materiali esclusivi come appunti personali, dettagli di allestimenti scenografici, provini, polaroid, spezzoni di film, gigantografie.
Il percorso espositivo è suddiviso in sezioni, arricchite da interviste video, storyboard nonché da una video-installazione interattiva che coinvolge i visitatori in un’immersione emozionale nel mondo di Peter Lindbergh. Si inizia con “Supermodel”, ossia con le foto delle super top, fenomeno al quale ha dato vita insieme ad altri importanti e indimenticabili interpreti della moda italiana: siamo all’inizio degli anni ’90 e all’epoca queste bellezze erano ancora sconosciute. Si prosegue, poi, con “Stilisti”, che pone l’accento sulle collaborazioni del fotografo tedesco con venticinque fashion designer in epoche diverse e sul modo in cui ha contributo a definire l’immagine dei vari brand. Si indagano, quindi, le questioni di genere e le affermazioni politiche con la sezione “Zeitgeist”, che affronta tabù in maniera anticonvenzionale, esponendo immagini come “Give Peace a Chance”, scattata per Harper’s Bazaar nel 2004, e la serie “New Age”, realizzata per Vogue Italia nel 2014. Si continua con “L’ignoto”, che rivela l’interesse di Peter Lindbergh per la fantascienza e presenta la famosa serie di foto del 1990 con protagoniste la modella canadese Helena Christensen e l’attrice Debbie Lee Carrington, considerata il caposaldo del racconto fotografico nelle riviste di moda. Un obiettivo visionario quello di Lindbergh, come viene confermato anche dalla sezione “Icone”, un percorso visivo che propone le immagini di figure iconiche della cultura pop: da Kate Winslet a Charlotte Rampling, passando da Eddie Redmayne a Keith Richards. Passando alla sezione “Il Grande Schermo”, si evincono le influenze delle produzioni cinematografiche tedesche degli inizi e dei set sul lavoro del fotografo.
Un’occasione imperdibile per esplorare l’universo di Peter Lindbergh. Un viaggio immaginifico, emozionante e suggestivo, durante il quale esplorare quattro decenni non solo di lavoro, ma anche, di cultura, storia, arte e società. Il tutto all’insegna della cifra stilistica di questo inconfondibile interprete, firma di The Cal 2017, ultimo tassello che valida specificamente le sue innumerevoli collaborazioni con Pirelli e, generalmente, con l’arte in tutte le sue molteplici forme di espressione.
La mostra “Peter Lindbergh. A different Vision on Fashion Photography”, ideata dal Kunsthal di Rotterdam in collaborazione con il curatore Thierry-Maxime Loriot e Peter Lindbergh, è organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, con il Patrocinio della Camera di Commercio di Torino.

Peter Lindbergh. A different Vision on Fashion Photography
Fino al 4 febbraio 2018

Reggia di Venaria, Sala delle Arti

mercoledì 18 ottobre 2017

LEISURE_The Open House



Elle Decor Grand Hotel torna a Palazzo Morando, a un anno dal suo debutto, con il progetto-installazione ‘The Open House’ firmato da Antonio Citterio Patricia Viel, studio di architettura di fama internazionale, che vanta realizzazioni fiore all’occhiello nel settore hôtellerie (suoi, infatti, sono il milanese Mandarin Oriental, i Bulgari di Milano, Londra, Bali e Pechino, giusto per citarne qualcuno).
Un allestimento, quello ospitato a Palazzo Morando fino al 22 ottobre, che esplora un concetto di public hotel, buttando l’occhio sulle possibilità e funzioni degli spazi pubblici, ed offre al visitatore una vera e propria esperienza. Negli ultimi tempi, infatti, gli hotel hanno assunto un nuovo ruolo, rendendo fruibile il luogo in cui sorgono vuoi per una colazione di lavoro piuttosto che per un aperitivo o un thè, per una gym session o un pomeriggio alla spa. L’hotel, quindi, come luogo di socialità e non più solo come struttura dedita all’ospitalità alberghiera. Un’evoluzione interessante, che lo porta ad assumere una veste nuova e a creare un’atmosfera accogliente sotto diversi punti di vista.
L’accesso all’installazione avviene dal cortile dove si trova l’Open Bar; si passa quindi nella lounge La Biblioteca per poi entrare nel ristorante, visitare la Wunderkammer con oggetti in vendita e il Flower Market per acquistare un bouquet tailor-made; si attraversa quindi la Spa, dove l’elemento dell’acqua è trasfigurato nel marmo di Lehanneur e nel vetro di de Santillana, per poi sostare negli spazi Wellness, dove si parla della cura del corpo e si giunge al Concept Store. Lungo il percorso, i video di Davide Rapp dedicati ai 4 elementi.

Elle Decor Grand Hotel “The Open House”
Palazzo Morando, via Sant’Andrea 6, Milano
Fino al 22 ottobre 2017

Ingresso libero, 10.00 – 21.00 

martedì 17 ottobre 2017

ART & CULTURE_Mantova celebra Antonio Ratti



Palazzo Te a Mantova, fino al 7 gennaio 2018, ospita la mostra “Il tessuto come arte: Antonio Ratti imprenditore e mecenate”. L’esposizione, a cura di Lorenzo Benedetti, Annie Ratti e Maddalena Terragni, è prodotta e realizzata dal Comune di Mantova, dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, dal Museo Civico di Palazzo Te e dalla Fondazione Antonio Ratti.
Un’esposizione che celebra il ruolo di Antonio Ratti, la cui vita è un intreccio tra impresa e arte, creatività e promozione culturale, pubblico e privato. Il suo pensiero nasce dall’idea che la cultura, la conoscenza e l’arte siano strumenti fondamentali per interpretare il proprio tempo.
Sperimentazione e innovazione sono le caratteristiche che distinguono l’operare di Antonio Ratti, raccontate trasversalmente in un percorso che prevede un dialogo con le sale monumentali per poi svilupparsi negli spazi espositivi delle Fruttiere. La mostra intende restituire il ritratto di un personaggio raffinato ed elegante, poliedrico ed eclettico, che, investendo nella formazione delle risorse umane e nella valorizzazione del tessuto come arte, ha saputo dare risalto alla qualità dei prodotti tessili. 
Grazie al contributo dell’architetto Philippe Rahm, l’esposizione racconta il tessuto nelle sue varie forme: dalla ricca collezione di reperti antichi della Fondazione Antonio Ratti ai grandi archivi dell’azienda Ratti; sarà possibile fare un’esperienza tattile delle diverse stoffe messe a disposizione del visitatore su una pedana centrale che attraversa lo spazio delle Fruttiere, restituendo un’idea sinestetica del tessuto.
L’arte contemporanea è presente con opere di artisti coinvolti nelle numerose attività della FAR, tra questi alcuni artisti invitati a condurre e a partecipare alle 23 edizioni del workshop
CSAV-Artists Research Laboratory, tra cui: John Armleder, Julia Brown, Jimmie Durham, Mario Garcia Torres, Melanie Gilligan, Renée Green, Joan Jonas, Giulio Paolini, Diego Perrone, Yvonne Rainer e Gerhard Richter.  Negli spazi esterni di Palazzo Te sono presenti importanti installazioni di Yona Friedman, Hans Haacke, Richard Nonas, Matt Mullican e Liliana Moro.

Il tessuto come arte: Antonio Ratti imprenditore e mecenate
Palazzo Te, Mantova
fino al 07 gennaio 2018
ORARI: lunedì 13.00 – 19.30; da martedì a domenica 9.00 – 19.30 (ultimo ingresso 18.30), A partire da domenica 29 ottobre 2017: lunedì 13.00 – 18.30; da martedì a domenica 9.00 – 18.30 (ultimo ingresso 17.30)

venerdì 13 ottobre 2017

LEISURE_APRITIMODA!



Milano, città della moda, apre al pubblico i luoghi segreti delle sue maison, rendendo accessibili a interessati, cultori o semplici appassionati il fascinoso mondo dello stile. Un’esperienza unica, grazie alla quale vivere da vicino - addirittura da dentro – l’attività creativa made in Italy, fiore all’occhiello di eccellenza, eleganza e maestria.
L’evento APRITIMODA!, patrocinato dal Ministero dello Sviluppo Economico, dal Comune di Milano, dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, dal FAI e da Altagamma, è ideato dalla giornalista Cinzia Sasso in collaborazione con Maria Canella, docente all'Università degli Studi di Milano e Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana.
Il prossimo 21 e 22 ottobre, 12 maison e 2 fondazioni aprono al pubblico i loro spazi privati per la prima volta, svelando i luoghi normalmente inaccessibili dentro i quali nasce il processo creativo. I grandi atelier milanesi che hanno aderito con entusiasmo e partecipano attivamente sono: Agnona, Alberta Ferretti, Antonio Marras, Curiel, Ermenegildo Zegna, Etro, Fondazione Ferrè, Gianni Versace, Giorgio Armani, Laboratori Scala, Missoni, Moncler, Prada, Trussardi.
Le visite, libere e gratuite,  rispecchiano lo stile di ciascuna maison, il proprio modo di intendere la moda e di raccontarsi.
Un’occasione straordinaria per toccare con mano la bellezza e l’unicità di questi magici luoghi, ma, soprattutto, per creare un filo diretto tra chi crea la moda e chi vive la città, scardinando il concetto di moda dai caratteri meramente effimeri: soltanto con la conoscenza, infatti, si può apprezzare il valore e l’eccellenza del made in Italy, facendosene promotori orgogliosi.
Il pubblico ha così modo di vedere e capire il dietro le quinte di un sì fascinoso mondo, fatto di persone, organizzazioni, risorse, idee, imprenditorialità, culto del bello: un insieme di eccellenza che dà vita a produzioni uniche, emblema di un Paese in grado di trasformare il genio creativo in prodotti dall’elevato valore aggiunto.
Un’iniziativa che rafforza l’immagine di Milano quale città affascinante, aperta al mondo, in grado di coinvolgere cittadini e turisti in esperienze indimenticabili e che potenzia il rapporto tra gli studenti e le attività produttive grazie al coinvolgimento del mondo universitario e delle scuole di moda.
APRITIMODA! si inserisce nel filone di manifestazioni a forte partecipazione quali Fuori Salone, PianoCity, BookCity e FuoriExpo, entrati nel calendario degli appuntamenti da non perdere, aperti al grande pubblico oltre che agli addetti ai lavori. A supporto dell’iniziativa, in collaborazione con Milano Unica, hanno voluto essere partner di un progetto che valorizza Milano come capitale delle eccellenze del Made in Italy, American Express, Maserati, Illy, Intesa San Paolo e Artemide. Un ringraziamento particolare agli studenti che faranno da volontari per APRITIMODA e che provengono da Università degli Studi, Politecnico, Università Cattolica, IULM, Istituto Marangoni, IED e NABA.

APRITIMODA!
21 e 22 Ottobre 2017, Milano

mercoledì 11 ottobre 2017

LEISURE_Nuovo store Louis Vuitton alla Rinascente di Roma





Louis Vuitton rinnova il proprio legame con la Città Eterna inaugurando il terzo store della Maison nella capitale, dopo quelli di Via Condotti e Piazza San Lorenzo in Lucina. Situato all’interno della nuova Rinascente di Via del Tritone, il negozio si colloca nel cuore dell’edificio principale, in una costruzione dei primi del ‘900 denominata “Palazzetto”, un vero e proprio palazzo nel palazzo. La facciata del Palazzetto, su cui si aprono gli ingressi e le vetrine del negozio, diventa parte integrante e suggestiva dell’architettura del department store.  A metà strada tra la Fontana di Trevi e Piazza di Spagna, La Rinascente si trova in un luogo altamente simbolico per Roma  e sorge su un importante sito archeologico riportato alla luce durante i lavori di restauro, un tesoro della Roma Antica ora visibile al pubblico: l’Acquedotto Vergine inaugurato da Augusto nel 19 a.C. che ancora oggi alimenta le fontane del centro storico.

Una nuova destinazione di viaggio
L’acquedotto costeggia un intero lato dell’edificio, lo abbraccia definendone la linea. La pianta del negozio Louis Vuitton, che sorge al livello stradale superiore a quello dell’acquedotto, segue anch’essa la linea curva del tracciato dell’acquedotto. Si delinea così uno spazio straordinario, eclettico, raccolto tra le vestigia del passato: l’acquedotto Vergine da un lato e la facciata del “Palazzetto” dall’altro.  Il soffitto, dall’importante altezza di sei metri, è il risultato dell’unione di due piani in un unico, maestoso ambiente in cui la luce naturale irrompe da cinque grandi finestre che affacciano sul lato dell’acquedotto. Caratteristica questa che rende il negozio un “unicum” all’interno de La Rinascente. Basati sul nuovo concept sviluppato per Louis Vuitton dall’architetto Peter Marino, gli interni sono un chiaro omaggio alla vocazione della Maison per l’unione di tradizione e innovazione, per l’utilizzo di materiali e lavorazioni preziosi e utilizzati sin dall’antichità accanto ad altri che guardano al futuro.  I monumentali pilastri, che scandiscono lo spazio replicando la teoria di colonne esterne, sono rivestiti in pietra di Trani, mentre il pavimento in pregiato seminato alla veneziana ricrea un disegno di fiori del Monogram nelle tonalità del beige e del marrone. I fiori ritornano in un delicato motivo sulle pareti, questa volta realizzati in stucco color crema. La vera nota distintiva è data dalla mescolanza di molteplici materiali e texture: legni dalle differenti lavorazioni sono accostati alla pelle pregiata, carta da parati a effetto stucco a futuristiche mensole high-tech rivestite da un film che riproduce la fibra di carbonio. Una sobria combinazione di proporzioni neoclassiche e forme contemporanee, di materiali tradizionali e tecniche innovative, permette di fondere passato e presente, la storia e l'artigianato francese e italiano con il design ultra-moderno.

Un’offerta personalizzata
Uno spazio meravigliosamente arioso fa da cornice all'intera gamma di accessori, pelletteria, calzature femminili e maschili, articoli da viaggio, tessili, orologi, gioielli e fragranze. I clienti potranno scoprire le ultime novità della Maison come “My World Tour”, la collezione di accessori da viaggio personalizzabili con divertenti stickers e iniziali del proprietario, i trolley “Horizon” disegnati da Marc Newson e una calzatura in edizione limitata creata appositamente per il negozio di Roma Tritone.

My World Tour, la nuova frontiera della personalizzazione
La collezione My World Tour, ispirata al viaggio, insito nel DNA della Maison e alla storica tradizione di apporre delle etichette sui bagagli dei viaggiatori di inizio Novecento, come ricordo del loro passaggio nelle località più belle del mondo, prende ispirazione dalla raccolta di più di tremila etichette originali dei grandi hotel di tutto il mondo appartenute a Gaston Vuitton – nipote di Louis -  e ancora oggi meticolosamente conservate negli archivi della Maison.  Con My World Tour la personalizzazione dei bagagli fa un balzo in avanti verso l’innovazione e l’high-tech. I clienti potranno personalizzare alcuni modelli iconici della Maison tra cui le borse Speedy e Neverfull, la sacca da viaggio Keepall e il trolley Horizon, con una speciale tecnica di serigrafia che permette di stampare le etichette direttamente sulla tela originale, sia essa Monogram o Damier Graphite, che verrà in seguito tagliata e cucita per realizzare l’articolo personalizzato. Louis Vuitton ha creato cinque famiglie di etichette, posizionabili in punti predefiniti dei prodotti: LV Heritage, Cities, LV Pop, Grand Hotels e Make it your own. L’ultima categoria, Make it your own, permette ai clienti di personalizzare ulteriormente i prodotti My World Tour con lettere e date a loro care, rendendoli davvero unici. È possibile realizzare da più di 537 mila combinazioni sul portafoglio Victorine (per un massimo di 5 etichette), fino a più di 289 miliardi di combinazioni sulla borsa Speedy (per un massimo di 10 etichette).


Una calzatura in edizione limitata dedicata a Roma
Lo stivaletto Star Trail, disegnato da Nicolas Ghesquière, Direttore Artistico delle Collezioni Donna, è diventato in pochissimo tempo un’icona tra le calzature Louis Vuitton. Amato dalle celebrities di tutto il mondo, lo Star Trail è stato realizzato in edizione limitata in un inedito blu notte eclusivamente per il negozio di Roma Rinascente. Lo Star Trail, come tutte le calzature Louis Vuitton è prodotto in Italia, nella Manufacture de Souliers Louis Vuitton a Fiesso d’Artico in provincia di Venezia.

L’Arte del Viaggio, la passione per il volo rivivono a Roma
Superato il primo impatto visivo con l’incredibilmente luminoso volume e la sobria eleganza degli spazi, l’attenzione del visitatore viene catturata dalla riproduzione originale in scala uno ad uno di un monoplano di inizio Novecento, che “sorvola” il negozio, appeso al soffitto. 
Questi primi esemplari di aerei monomotore sono stati protagonisti, nei primi anni del XX Secolo, di imprese epiche come nel 1909 la prima traversata aerea della Manica. Il modello in mostra a Roma è stato realizzato in Francia sulla base di disegni originali dell'epoca.
A fare da sfondo al volo dell’aereo una veduta di Roma dal Colle del Pincio opera del fotografo di architettura tedesco Hans Georg Esch, “Panoramic Rome” (2004).
Il richiamo al mondo dell’aviazione è un omaggio al legame di Louis Vuitton con l’Arte del Viaggio. Da sempre attenti all’evoluzione dei modi di viaggiare e dei mezzi di trasporto, i Vuitton furono entusiasti spettatori di queste imprese. I figli di Georges Vuitton, i gemelli Pierre e Jean, appassionati di meccanica, nel 1909 avevano rappresentato il brand al Grand Palais all’Exposition Internationale de Locomotion Aérienne con un modello di elicottero da loro progettato il Vuitton–Huber.
E prima ancora che i viaggi in aereo divenissero un mezzo di trasporto per i civili i Vuitton avevano immaginato dei bagagli che potessero adattarsi a dirigibili e aerei. Nel 1910 la Maison aveva creato il primo baule Aéro. Due di questi speciali bauli, leggeri, compatti e versatili, potevano essere fissati ai lati sul cesto di una mongolfiera. Arrivavano a pesare solamente ventisei chilogrammi riempiti alla loro massima capacità.
Vero e proprio fan delle imprese dell’aviatore americano Charles Lindbergh, il primo a volare da New York a Parigi nel 1927 con il monoplano Spirit of Saint Louis, Gaston-Louis Vuitton fu parte della delegazione che accolse il pilota al suo arrivo all’aeroporto di Le Bourget. Prima di tornare in America in nave, Lindbergh visitò in negozio di Louis Vuitton sugli Champs-Élysées dove acquistò due bauli guardaroba, divenendo uno degli illustri clienti della Maison.

I bauli storici
Per introdurre i clienti al ricco patrimonio di Louis Vuitton, gli archivi della Maison hanno scelto due bauli storici da esibire nel negozio di Roma Tritone.

Baule per auto in tela Vuittonite (1923)
I bauli per auto erano progettati da Louis Vuitton per adattarsi sia all’esterno che all’interno dell’abitacolo delle prime automobili. Antenati erano i pesanti bauli che si caricavano sul lato posteriore delle carrozze.
Non solo contenitori per abiti e accessori, Louis Vuitton creò una serie di bauli per auto adatti a tutte le esigenze: set da pic-nic per i viveri, cassette degli attrezzi per l’autista che doveva essere all’epoca anche meccanico e una geniale invenzione, la Driver Bag dalla forma di una cappelliera poteva contenere numerosi accessori ed essere alloggiata all’interno della ruota di scorta per occupare meno spazio. 

Porta abiti speciale in tela Vuittonite (1930)
Alle fine del XIX Secolo, Louis Vuitton iniziò a offrire ai viaggiatori una linea di bagagli indicati con il nome generico di porte-habits, ispirati al britannico suitcase tanto caro ai Lord inglesi e apparso in Francia attorno al 1865.
Questo bagaglio a mano, che il viaggiatore poteva portare senza l’aiuto di un facchino, conteneva un determinato numero di abiti e si armonizzava alla figura del suo proprietario: le dimensioni del porta abiti dovevano infatti corrispondere alla larghezza delle spalle. Geneticamente maschile, il porta abiti venne successivamente declinato in versioni per signore e per la sua comodità, resistenza ed eleganza si impose presto come il bagaglio del nuovo Secolo. Il modello esposto a Roma riporta bande colorate e iniziali del proprietario originario. 

Louis Vuitton presso Rinascente – Via del Tritone, 61  - 00187 Roma

Aperto tutti i giorni dalle 9.30 alle 23.00 - Servizio clienti 800 30 89 80

venerdì 6 ottobre 2017

ART & CULTURE_Franco Pagetti in mostra Milano


Franco Pagetti seduto con un soldato

Al CMC Centro Culturale di Milano (Largo Corsia dei Servi 4) torna la grande fotografia con la mostra di Franco Pagetti. Ideata da Camillo Fornasieri, direttore del CMC, e curata da Enrica Viganò con il patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano e l’adesione di importanti partner come Arriva Italia e Unipol, l’esposizione Franco Pagetti “Tutti i confini ci attraversano” permette di incontrarne da vicino la forza e l’originalità. Fotogiornalista di prestigiose testate internazionali, come The New York Times, Newsweek, TIME, The New Yorker, Stern, Le Figaro, Paris Match, The Times of London, Franco Pagetti è presente - spesso per primo - nei teatri di guerra e conflitto del pianeta: dall’Afghanistan al Kosovo, da Timor Est al Kashmir; Palestina, Sierra Leone, Sudan del Sud; oltre che, con temi diversi, in altri Paesi quali Cambogia, Laos, Vaticano, Arabia Saudita, Indonesia. Nelle immagini che hanno fatto il giro del mondo, Pagetti è riconoscibile per quella capacità di trovare l’umanità nelle situazioni più difficili, di vivere il proprio ambiente attraversato da “confini” visibili e invisibili. Come lui dice: “C’è sempre la persona anche nel soldato che esegue degli ordini, c’è il volto dell’uomo che combatte, che fugge, che soffre”.
Pagetti ci mostra i confini che “ci attraversano” nei monti e villaggi dell’Afghanistan, paesaggi silenziosi come quelli del pastore errante di Giacomo Leopardi; nei ritratti in bianco e nero di uomini e donne in preghiera nelle loro case, mentre fuori imperversa la battaglia, rivelandoci così quella differenza (minima) tra Sciiti e Sunniti che si manifesta nel culto; negli orizzonti dei muri di separazione di Palestina, Irlanda, Afghanistan o ancora nel paradossale confine fragile dell’amore che ha cucito le tende colorate che campeggiano nelle vie sventrate di Aleppo, dono delle donne per proteggere i loro mariti e figli dai cecchini nemici. Franco Pagetti, che aveva iniziato negli anni ’80 come fotografo di moda per poi scegliere di dedicarsi al reportage dalla fine degli anni ’90, è tornato alla moda firmando per il secondo anno consecutivo la campagna di Dolce&Gabbana. Riuscendo ad applicare con genialità le tecniche tipiche del reportage di stampo giornalistico al patinato mondo del fashion, ha realizzato degli scatti che hanno saputo destare la curiosità di molte fra le più importanti testate giornalistiche al mondo. Franco Pagetti è stato inoltre recentemente protagonista del film-documentario “Shooting War” della regista canadese di origine irachena Aeyliya Husain. Il documentario è stato presentato in anteprima mondiale alla XVI edizione del Tribeca Film Festival, la celebre rassegna ideata da Robert De Niro che si è tenuta a New York nell’aprile 2017. In Italia il cortometraggio verrà presentato in anteprima nazionale al Torino Film Festival. Con la mostra milanese il discorso si allarga, si incontra “il pensiero” che sta dentro ogni immagine di Pagetti, si rivela la sua preparazione e capacità di informazione che interroga il metodo dei media oggi, argomento di grande attualità insieme a quell’uso moltiplicato dell’immagine nei social. La grande forza di questa rassegna permette di reinterrogarsi sulla fotografia, sulle sue radici e sulle possibilità per il futuro, che il lavoro di Pagetti documenta proprio in relazione a questi ulteriori “confini”. Durante i mesi di mostra si terranno una serie di eventi di incontro e dialogo per il pubblico e per le scuole. Accompagnerà l’esposizione il decimo volume della collana I Quaderni del CMC, pubblicato da Admira Edizioni; all’interno l’introduzione di Camillo Fornasieri, un testo critico a cura di Elena dell’Agnese, docente di geografia politica e culturale nell’Università di Milano-Bicocca e Vice Presidente della International Geographical Union, e un’intervista di Enrica Viganò a Franco Pagetti.

Franco Pagetti “Tutti i confini ci attraversano”
CMC Centro Culturale di Milano Largo Corsia dei Servi, 4 (MM1 San Babila, MM3 Duomo)
Fino al 21 gennaio 2018
Ingresso gratuito, con Donazione gradita
Orari: da martedì a venerdì 10.00–19.00 sabato e domenica 15,30 – 19,30 lunedì chiuso