lunedì 29 settembre 2014

STYLE_Le Capresi










Capri è l’emblema della dolce vita. Di un bel tempo che fu. Di un’armonica convivenza di raffinatezza, eleganza, glamour. Di dive e divine per eccellenza, che camminavano per le viuzze dell’isola, portando con sé un autentico senso di celebrità.
Oggi, quest’allure di magia rivive grazie a un brand che nelle sue creazioni fa tesoro di questo spirito: Le Capresi. Sandali ma anche deliziose loafers da portare di giorno come di sera, per impreziosire look prestigiosi o caratterizzare per personalità e senso del gusto mises informali.
Creazioni uniche: per la creatività dei modelli, la qualità dei materiali, le tecniche di lavorazione, la produzione interamente manuale.
Il brand nasce nel 2008 dalla passione di Rory De Angelis per l’isola di Capri e la dolce vita. Un passato da modella e una vocazione per il senso del bello hanno fatto il resto. Et voilà che il suo talento visionario prende vita con la rivisitazione in chiave glamour del celeberrimo sandalo caprese, amato in tutto il mondo al punto da vantare estimatrici del calibro di Soraya, Maria Callas e Jackie Kennedy.
La semplicità dei modelli trova il suo contraltare nella preziosità dei dettagli: è così che linee classiche ed eleganti si sposano a materiali come cristalli Swarovski, turchesi, perle di fiume, pietre dure. Un mix calibrato di perfezione, ricerca e lusso. Sandali unici per la loro estetica nonché per la lavorazione interamente realizzata a mano da parte di maestri artigiani capresi. Uno spirito che anima anche la produzione di mocassini e loafers che combinano glamour e tendenza, nel rispetto di buon gusto e raffinatezza.
Passione, dedizione e amore gli ingredienti irrinunciabili di questa magica formula che ha catturato l’attenzione di celebrities del calibro di Olivia Palermo e Miranda Kerr.

E così, a distanza di decenni, il mito di Capri corre intatto, portando con sé la duplice dimensione di sogno e realtà. Dimensioni nelle quali l’esclusività diviene sinonimo di tradizione ed eleganza.

www.lecapresi.it 


venerdì 26 settembre 2014

STYLE_Giancarlo Petriglia, PE 2015



Siamo alle porte della stagione autunnale, ma la moda già guarda oltre. Terminate le sfilate e le presentazioni milanesi delle prossime collezioni primavera-estate, l’occhio non può non cadere sulla linea di borse di Giancarlo Petriglia. Dal 2012, anno di debutto, ad oggi lo stilista ha saputo incontrare i gusti di una clientela sofisticata ed esigente, meravigliando per la creatività e, al tempo stesso, per la spiccata italianità: un mix ponderato di stile, glamour e raffinatezza che trova la sua validazione in una lavorazione artigianale, realizzata con pellami di qualità eccellente e grazie all’abilità manuale di esperti manifatturieri del settore.
Per la primavera-estate 2015, Giancarlo Petriglia propone borse multifunzione e trasformabili, che vanno dal formato macro da lavoro a micro pochette da yacht, piene di cartoline e souvenir di culture diverse. In ogni caso e qualunque sia l’esigenza nonché la funzionalità intrinseca, le sue creazioni raccontano una femminilità garbata, utilizzando una molteplicità di tecniche che traducono la continua ricerca dell'insolito e del non comune, da sempre emblema dello stile firmato Giancarlo Petriglia.
Scenografici e inaspettati i materiali, ispirati alla mostra "Rara Avis: Selection from the Iris Barrel Apfel Collection" presentata al Museum of Modern Art: pitoni nappati monocolore abbinati a pitoni iper-colorati dipinti a mano, coccodrilli nappati, serpenti intarsiati a righe multi-color o personalizzati con stampe pop e nervature oro. Anche le tradizionali pelli in vitello subiscono contaminazioni street con applicazioni di reti in gonna o intrecci metal.
Le superfici delle borse sono plastiche architetture pop dalle forme rigorose, impreziosite da ricami in metallo, plexi e plastica oppure rese luccicanti da bagliori luminosi di metalli smaltati, cristalli e paillettes per riordinare e creare uno stile unico nel suo genere.
I colori e i pellami sono uniti ossimoricamente tra loro, per il gusto e la sapienza della sperimentazione estetica, in un equilibrio stabile; la palette cromatica dei naturali come il cipria e il nocciola è alternata ai toni sorbetto del mandarino, del menta e del turchese. L'immaginario bianco e nero è rinvigorito da cromie vivide e preziose: geranio, sole, hot pink e rosso marlboro, come sontuose e carnali corolle di fiori tropicali.
“Colore, forma e materia: questi sono gli ingredienti base della mia nuova collezione ispirata a Iris Apfel e al suo stile unico e inimitabile, in un mix perfetto di esotismo e alta moda. Ho raccolto la sfida di trasformare una borsa dall'aspetto ‘pelletteria tradizionale’ in una reversibile super glam; il risultato è una collezione votata a un intenso e scrupoloso lavoro di ricerca dei materiali e dei pellami, in tutte le lavorazioni, consistenze e mix, pensata per essere abbinata a seconda della sua missione: poetica e luxury o pop e radicale", afferma Giancarlo Petriglia.

E allora via libera alla meraviglia dell’ingegno creativo, quintessenza di ricerca, sperimentazione e rispetto della tradizione.

mercoledì 24 settembre 2014

PEOPLE_Robert Mapplethorpe





Robert Mapplethorpe nasce il 4 novembre 1946 a Long Island, New York, terzo di sei figli, in una famiglia cattolica di origini irlandesi appartenente alla media borghesia americana. A sedici anni viene sorpreso mentre tenta di rubare un giornalino pornografico: sono questi gli anni in cui comincia a manifestare la sua omosessualità, non ancora pienamente riconosciuta.
Si iscrive, come già aveva fatto il padre, ad un programma scolastico mirato all'addestramento dei giovani che rientreranno nelle fila dell'esercito americano come ufficiali, ma ben presto lo abbandona. Inizia, quindi, gli studi di disegno, pittura e scultura al Pratt Institute di Brookly. Influenzato dalla produzione di artisti come Joseph Cornelle e Marcel Duchamp comincia a sperimentare usando vari materiali, producendo una serie di collages composti con immagini tratte da giornali, riviste e libri.
Siamo negli anni della guerra in Vietnam e della grande contestazione studentesca: tumulti sociali che spesso e volentieri coincidono con quelli personali. E Robert Mapplethorpe non rimane indenne: sospende i suoi studi e inizia a fare uso di sostanze stupefacenti, sviluppando una dipendenza che lo accompagnerà per tutta la vita.
In questo stesso periodo incontra la giovane Patti Smith, arrivata a New York con la ferma intenzione di diventare una poetessa. Patti diverrà una presenza fondamentale nella sua vita: i due diventeranno amanti e si trasferiranno a vivere in una stanza del famoso Chelsea Hotel, dove rimarranno anche dopo la fine della loro relazione. Robert la fotograferà moltissimo e realizzerà la copertina dell'album "Horses".
Nel 1970 compra una Polaroid, che diverrà la compagna di numerose avventure fotografiche, tra le quali svetterà il reportage “New York S & M”, realizzato tra le vie della città alla fine dei Seventies: immagini per certi versi scioccanti, ma destinate e scovare l’insolito.
I protagonisti delle fotografie di Mapplethorpe, spesso attori pornografici, vere coppie omosessuali o semplici modelli ritratti in pose erotiche, saranno pubblicati insieme a uno scandaloso autoritratto nella raccolta PortfolioX.
Sempre nel 1970 inizierà la sua prima seria relazione omosessuale con il modello David Crowland, che gli presenta in seguito il curatore della sezione fotografica del MoMA. Una nuova conoscenza grazie alla quale inizierà la sua fortunata carriera fotografica. Mentre nel 1972, San Wagstaff lo introdurrà nei migliori ambienti di New York, garantendogli la stabilità economica. I due diverranno amanti, rimanendo insieme per molti anni fino alla morte di Sam, avvenuta a causa dell'Aids.
Nel 1980 Mapplethorpe incontra Lisa Lyon, la prima campionessa di body building femminile. Lisa diventerà la protagonista di una serie di fotografie raccolte nel volume "Lady, Lisa Lyon". Nel corso degli anni ‘80 le sue fotografie diventeranno meno immediate e più rispettose dei canoni artistici classici; sarà anche il momento per raffinare alcune tecniche fotografiche, come la famosa stampa al platino su carta e su lino e il cibachrome, oggi detto lifocrome, una stampa fotografica con colori ad altissima stabilità cromatica.
Nel 1986 sarà la volta delle immagini scattate per il volume di poesie di Arthur Rimbaud “Una stagione all'inferno". Nel 1986 gli verrà diagnosticato l'Aids, ma Mapplethorpe continuerà a lavorare instancabilmente. Nel 1988 il Whitney Museum of American Art organizzerà la sua prima grande retrospettiva e nello stesso anno darà vita alla fondazione (che porterà il suo nome) e a cui sarà affidato il supporto ai musei che si occupano di fotografia e la ricerca di fondi per combattere l'Aids.

Il 9 marzo 1989, a soli 42 anni, Robert Mapplethorpe morirà, lasciando un’eredità culturale e creativa di impari valore, quintessenza di trasgressione e rigore estetico, dove la fotografia viene validata nella sua funzione intrinseca: catturare un momento – o, meglio, il momento – per cristallizzarlo nell’eternità.

lunedì 22 settembre 2014

BOOK_Visti&Scritti


Visti&Scritti è l’ultimo libro pubblicato da Ferdinando Scianna, nella collana In Parole di Contrasto. Un libro che chiude un ciclo personale - il ciclo della memoria - che comprende tre volumi. Prima di quest’ultimo vi sono stati, Ti mangio con gli occhi (2013, Contrasto) e nel 2001 Quelli di Bagheria. Ciclo della memoria perché rievoca l’infanzia e la prima giovinezza dell’autore in Sicilia, ma anche perché si avvale del tema del cibo come innesco del racconto. Nell’ultimo libro il fotografo siciliano raccoglie 350 ritratti realizzati in oltre cinquanta anni di mestiere. Per ogni ritratto Scianna ha scritto un testo che lo accompagna, tentando quindi un grande affresco autobiografico e dando vita a un libro memoria. Una lunga carrellata di icone, di sguardi, di pose, di istantanee in bianco e nero che tessono il percorso personale e professionale dell’autore.
I tre titoli insieme, inoltre, propongono un nuovo percorso narrativo per Ferdinando Scianna. L’autore, infatti, sperimenta e propone pubblicazioni nelle quali le fotografie si coniugano in maniera stretta e inscindibile con la scrittura. Il racconto fotografico diviene così finalizzato, andando ben oltre il semplice album e lambendo i confini di un territorio narrativo inedito, in cui i due linguaggi – scritto e per immagini – sinergicamente combinano la loro funzionalità. È così che nasce un nuovo tipo di racconto, impossibile da leggersi prescindendo dalle immagini né, relativamente alle fotografie, dalle parole che vi scorrono insieme e non accanto.
Un libro che, come gli altri due, deve la sua particolarità al rapporto dialettico, profondo e complice instaurato con l’art director Alberto Bianda.

Scianna concepisce i propri libri autonomamente, ma rispetto ai tre succitati (come anche, per esempio, per la grande monografia La geometria e la Passione, pure realizzata insieme) considera Bianda alla stregua di un coautore. In tal senso il suo contributo non è stato solo grafico e formale, ma molto più profondo, essendo entrato nel tessuto e nello spirito del libro stesso.