venerdì 28 giugno 2013

ABOUT_Calzature in mostra...










E la calzatura diventa oggetto d’arte al punto tale da avere musei dedicati, veri e propri templi votivi dello stile che, tra un’esposizione e l’altra, ripercorrono la storia della calzatura, evocando suggestioni, illustrando epoche storiche e stimolando ispirazioni.
Oggetto di culto per incallite fashioniste, devote alla sua divinazione quale dettaglio irreprensibile del codice vestimentario, la scarpa vanta di diritto anche un’anima nobile, altra metà della verve più glamour e, al tempo stesso, spirito sacro e inviolabile che le ha consentito di attraversare la storia dei tempi, divenendo a ragion vedut,a un vero e proprio cimelio da museo.
Un viaggio nel tempo che, sulle note colorate dello stile, consente di recuperare il significato della storia, avvalorando il legame indissolubile tra questi due aspetti. Iniziamo, quindi, il tour per l’Italia, facendo tappa nei più importanti musei della calzatura, mecche della moda intesa da un punto di vista sociale.

Museo Rossimoda
In una dimora seicentesca lungo le rive del Brenta, Villa Foscarini, si trova il Museo Rossimoda, nato nel 1995 su iniziativa di Luigino Rossi, fondatore dell’omonimo calzaturificio oggi passato di proprietà al gruppo del lusso d’oltralpe LVMH.
Catapultati in una dimensione da sogno, si comincia con una piccola ma preziosissima raccolta di calzature storiche veneziane del ‘700 e ‘800 di proprietà del fondatore, per poi proseguire con i 1700 modelli femminili di lusso prodotti dall’azienda dal 1946 ai tempi nostri e selezionati personalmente dal fondatore stesso insieme ai suoi collaboratori: questi rappresentano il corpus del museo, che, ogni anno, si amplia con l’aggiunta degli esemplari più significativi delle nuove collezioni.
Si tratta di un museo nato con l’intento di raccontare la storia di una famiglia ormai giunta alla terza generazione e costellata da numerose collaborazioni con le più prestigiose case di moda. Correva l’anno 1961 e Luigino Rossi decise di produrre solo calzature da donna di lusso su licenza di grandi firme: Christian Dior, Yves Saint Laurent, Givenchy, Anne Klein, Emanuel Ungaro sono state le prime maisons alle quali, nel tempo, si sono aggiunte Richard Tyler, Vera Wang, Genny, Fendi, Calvin Klein, Michael Kors, per poi finire con Emilio Pucci, Christian Lacroix, Marc Jacobs, Loewe, Kenzo, Donna Karan e Celine. I piedi del gotha della moda, quindi, sono passati per le mani di Luigino Rossi.
Il museo, oltre ad offrire uno spaccato sulla storia del costume della seconda metà del secolo scorso, si pone come viva testimonianza del saper fare artigiano del distretto calzaturiero del Brenta, caratterizzato dagli elevati standard qualitativi. Le principali finalità, pertanto, sono quelle di comporre una memoria storica della produzione tipica di questa particolare zona italiana, territorio privilegiato di una vocazione artistica apprezzata in tutto il mondo.
Il museo, inoltre, si pone quale stimolo per le produzioni future, divenendo un punto di riferimento per la scuola di modellisti famosa a livello internazionale ospitata dal distretto e che dal 1923 si occupa di formare i nuovi designer della calzatura. Uno spazio, quindi, che diviene anche una fucina creativa, fornendo stimoli e ispirazioni per le scarpe di domani. Scarpe che in qualche loro dettaglio porteranno il vissuto di un’epoca.

Museo Internazionale della Calzatura “Pietro Bertolini” di Vigevano
Da oltre un secolo Vigevano è legata al mondo della scarpa, tanto da essere menzionata come la capitale italiana – e, in alcuni casi, anche mondiale – della calzatura. Un luogo dove hanno visto la luce importanti innovazioni del settore e in cui ha preso vita l’estro visionario del cavalier Pietro Bertolini, illuminato imprenditore calzaturiero e fondatore della Ursus Gomma.
Istituito nel 1958 per documentare l’ingegno e l’operosità vigevanesi, la sua apertura è fatto relativamente recente, risalente al 2003.
L’esposizione propone la lettura della scarpa nella sua duplice natura: oggetto d’uso e opera d’arte. Due anime che si compensano, trovando convivenza in amabili e mirabili creazioni, frutto dell’estro umano. Dal 2003, inoltre, il museo si è arricchito di una sezione interamente dedicata ai marchi, agli stilisti e ai designer italiani e internazionali degli ultimi trent’anni.
Tra i fiori all’occhiello della ricca collezione, degni di nota sono importanti modelli storici, come, per esempio, la pianella del 1495 attribuita a Beatrice d’Este o la scarpa gioiello di fine 1920, oltre a calzature appartenute a personaggi storici e papi. Non mancano, poi, esemplari di calzature autarchiche, modelli realizzati con moderne suole in plastica trasparente “rodhovetro” e cuissard di Paco Rabanne.
Passando tra le visionarie creazioni di Manolo Blahnik, Jimmy Choo, Christian Louboutin, Giorgio Armani e Gucci, si arriva alla sala dedicata al tacco a spillo dove è esposto il primo prototipo che, inventato proprio a Vigevano, ha reso celebre la città.
Il museo annovera circa 2500 calzature, che vengono esposte in gruppi da 300 alla volta, con un turnover semestrale. A latere, le mostre itineranti per il mondo, che rappresentano vetrine internazionali per la collezione.

Museo Salvatore Ferragamo
Inaugurato nel 1995 per volontà di Wanda Ferragamo e dei suoi figli nella sede storica della Maison, Palazzo Spini Feroni a Firenze, il Museo Salvatore Ferragamo è nato con l’intento di rendere nota al pubblico la storia del fondatore e delle sue creazioni – le calzature – considerate dagli studiosi di tutto il mondo delle vere e proprie opere d’arte.
La collezione è stata costituita da Salvatore Ferragamo, che ha custodito i prototipi e cercato di recuperare i suoi modelli più celebri. Una raccolta preziosa, che è stata mantenuta e arricchita dalla famiglia con gli stessi criteri: conservare i modelli più innovativi di ogni collezione, quelli più particolari per uso di materiali e per struttura, non necessariamente quelli più venduti.
Il museo, pertanto, racconta in primis la storia di un uomo, del suo lavoro e del suo amore smisurato e incondizionato per le scarpe: una vocazione che gli ha valso, a ragion veduta, l’appellativo di “calzolaio dei sogni”.
Nello spazio confluiscono contaminazioni culturali che spaziano nei diversi ambiti dell’arte, del design, dello spettacolo, del costume, della comunicazione e dell’informazione. Un luogo poliedrico, che fa della vivacità intellettuale il fil rouge attorno al quale sviluppare giorno dopo giorno un’attività volta alla valorizzazione della creatività.
Un’impronta che ha portato il museo a divenire, nel tempo, non solo un punto di riferimento per l’estro italiano, ma soprattutto un punto di forza dell’immagine del marchio, depositario dell’heritage e motore d’ispirazione per il futuro.
All’interno della ricca collezione, che si amplia progressivamente con le calzature emblema di ogni stagione ma anche con donazioni di clienti Ferragamo e acquisizioni di modelli storici provenienti dal mondo dell’antiquariato, è difficile identificare i “pezzi gioiello” data la vastità e il pregio delle creazioni esposte. Vi sono modelli famosissimi come simboli di design di un’epoca: è il caso del sandalo invisibile, creato nel 1947 con la lenza di nylon da pescatori oppure delle zeppe in sughero del periodo bellico. Alcuni esempi sono importanti per la particolarità della loro realizzazione, come il sandalo in oro a diciotto carati, creato da Ferragamo per una cliente australiana nel 1956 e altri ancora perché appartenuti a personaggi famosi come Marilyn Monroe, fedelissima estimatrice della maison.

giovedì 27 giugno 2013

STYLE_La regina bizantina di Dolce & Gabbana



















Quando si dice “sognare in grande”…. È un po’ quello che ha fatto la coppia di stilisti Dolce & Gabbana per la prossima stagione fredda, pensando a una donna protagonista indiscussa della passerella e mettendo al bando ogni formalismo così come ogni eccesso prudenziale di rigore, severità e minimalismo.
Una donna regina, enfatizzata e valorizzata nella sua femminilità, ribattezzata dagli stessi stilisti come l’aspetto più bello dell’essere donna.
Una donna che incede sicura di sé, ondeggiando maestosa in sontuosi abiti ispirati ai decori dei mosaici del duomo di Monreale, con tanto di corona dorata e pietre incastonate in testa. Un accessorio, quest’ultimo, che simboleggia l’incoronamento della femminilità a leitmotiv dell’intera collezione dedicata a quella donna-femmina che, da sempre, è l’ispirazione del duo siciliano.
I riferimenti bizantini si moltiplicano su tuniche, abiti, camicie, borse e scarpe: è un rimando continuo alla ricchezza del patrimonio artistico e culturale di un’epoca e di un territorio, che prende vita in una chiave contemporanea e à-porter. La resa formale è stupefacente: la ricchezza dei materiali, dei ricami, degli orditi, dei tessuti s’intreccia con la raffinatezza della creatività, portando alla mise en place di creazioni uniche e inimitabili, dalla pregiata composizione e dalla semplicità evocativa. Ancora una volta, quella di Dolce & Gabbana è una moda che affonda profonde radici nella storia di un luogo, mostrando un senso d’appartenenza totale a un territorio come quello siciliano al punto da evocare - tramite continui sussurri – arte, storia e cultura. E così, tutto a un tratto, ci ritroviamo inaspettatamente spettatori di un’epoca che fu, con tutti i suoi fasti e le sue ricchezze, assaporandone il tripudio e, al tempo stesso, l’autentica compostezza.
Proprio grazie a questa corrispondenza tra passato e presente, tra vissuto e contemporaneo, la moda conquista la platea, proponendosi come qualcosa di viscerale, che va ben oltre la mera apparenza e lo stilismo formale fine a se stesso e assume valenze cerebrali, che mirano dritte al cuore dello spettatore, catturandolo nella sua emotività e trascinandolo in un fascinoso viaggio esplorativo. Un’avventura che passo dopo passo si fa sempre più convincente, delineandosi per tratti inconfondibili: restano indelebili, infatti, gli abiti ricamati a tessere di paillettes, cristalli e pietre dure; colpiscono le scarpe con il plateau a gabbia che imprigiona fiori colorati; seducono le borse “Agata”, dedicate alla patrona di Catania, tutte decorate a mosaico. E proprio a Sant'Agata è ispirato anche il bustino in filigrana d'oro portato con la mini a mosaico, motivo che ritorna sotto forma di stampa negli abiti tunica, nei tubini in broccato, nelle maxi T-shirt tintinnanti di tesserine dorate, nelle bluse abbinate alle gonne svasate, negli shorts a palloncino e nelle giacchine con spalla insellata che segnano il punto vita.
Gli accessori fanno il resto: corone dorate e orecchini a croce mescolano sacro e profano, mentre medaglioni con angeli e immagini prese dagli ex voto occhieggiano dagli abiti più preziosi, in un tripudio di pietre e ori.
L’ispirazione bizantina lascia poi spazio alla sartorialità tanto cara alla coppia di stilisti con il nuovo tailleur tre pezzi - composto da gonna corta, giacca breve e T-shirt - tutti nello stesso tessuto, spinato o tweed, il cappotto o l'abito sempre in pendant, per una nuova idea di eleganza da giorno.
Immancabili, infine, gli abiti in pizzo, un must have del marchio, arricchiti per l’occasione da ricami e pietre.
Un mix di storia e classicità, rivisitato in chiave contemporanea per offrire alla donna un ideale di eleganza e stile che si spinge oltre ogni canone standardizzato, evocando dimensioni inesplorate e fascinose. 

mercoledì 26 giugno 2013

ABOUT_Borsa mon amour:






La borsa: dettaglio del codice vestimentario femminile e, al tempo stesso, pietra miliare nella definizione dello stile. Protagonista dello stilismo, mutevole come la moda stessa, si fa ascendere alla nascita del denaro e alle monete l’origine di quella che i Greci chiamavano byrsa, ossia cuoio.
La borsa, come ogni oggetto legato alla moda dell’abito, riflette nei secoli l’evoluzione del costume e, conseguentemente, della vita quotidiana: dalla aumonière venuta dalla Francia dopo le Crociate, in panno ma anche in seta e velluto, ricamata a mano dalle dame, alle scarselle, ai marsupi maschili, tempestati d’oro e gemme, fino alle borse rinascimentali, caratterizzate per il tessuto raffinato. In ogni caso, qualunque sia l’appartenenza, la foggia e il materiale, si tratta di borsa.
Nel ‘600, complici gli abiti ampi, dotati di maniche vaste e aperte, le sue apparizioni pubbliche vanno via via diradandosi, per poi ricomparire nel ‘700 nella versione piatta, appesa alla cintura, aperta in altezza e direttamente accessibile dall’abito.
Sotto l’epoca del Direttorio francese, la borsa ricompare in tutto il suo splendore come accessorio indispensabile per la donna alla moda: linea affusolata, appesa al braccio con nastri di seta.
Nel 1800, in un susseguirsi di apparizioni, sparizioni, recuperi preziosi, comincia a differenziarsi secondo l’uso: per abiti da pomeriggio, viaggio, spese.
La sua consacrazione, tuttavia, è cosa relativamente recente: siamo negli anni ’20 del ‘900. Nascono forme destinate a durare nel tempo, quasi sempre rettangolari, in vari pellami (marocchino, capretto, ecc.), piccole, sobrie, curate negli interni.  Se per la sera è d’obbligo la trousse in tartaruga, in argento (vero necessaire per il ritocco), per il giorno la borsa riceve l’investitura di accessorio di punta.
Passeranno alla storia: la borsa Chanel (busta minuta in nappa, satin, con il manico in catenella dorata, interamente percorsa dalle caratteristiche impunture a losanga); la serie per il giorno, la sera e il viaggio di Hermès, con tanto di dettagli ispirati alla selleria; le borse di Gucci e Gherardini.
Negli anni ’30 nascono alcune delle borse icona, che hanno fatto la storia del genere, traghettando fino ai giorni nostri ideali di stile ed eleganza unici e incomparabili: nel 1935 Hermès crea quella che a distanza di vent’anni piacerà talmente tanto a Grace Kelly da battezzarla col proprio nome; nel 1936 Elsa Schiaparelli lancia il secchiello cilindrico in pelle, provvisto di una lunga cinghia da portare a spalla, lasciando così le mani libere; nel 1937 Gucci propone il secchiello in cinghiale con banda in tela verde e rosso, che diventerà un classico.
In quel decennio la borsa è un continuo divenire di visioni, ispirazioni e rese formali: eccola a palla, a conchiglia, a orologio; ecco i colori marrone bruciato, avana, rosso cuoio di Russia nelle diverse gradazioni che tingono anche pellami pregiati come il coccodrillo, sogno di ogni donna prima del secondo conflitto mondiale, durante il quale, in mancanza di pelli, si usarono le borse in felpa, tessuto o velluto come quelle che Giuliana di Camerino, rifugiatasi in Svizzera, inventò, conquistando, a guerra conclusa, un enorme successo.
Accessorio importante, sia portata in parure con scarpe e guanti che non, la borsa degli anni ’50 è libera e formale.
Saranno però gli anni ’60 i più effervescenti per i molti temi, la raffinatezza dei dettagli in modelli che convivono con la moda e l’accendono: dalla pochette in nappa al bauletto in vernice, dalla sacca alla tracolla. Et voilà anche le borse hippie, sformate bisacce sfrangiate, orientaleggianti, decorate. Negli anni ’70 è la volta delle morbide, leggere e pregiate borse di Borbonese, in pelle trattata in modo da apparire cosparsa di piccoli occhi di pernice e di quelle di Louis Vuitton segno d’élite.
Con l’affermarsi del prêt-à-porter italiano, dagli anni ’70 in poi, la borsa si caratterizza da un lato per le novità nella concia dei pellami tradizionali, per la fantasia nella loro trasformazione, per l’affermazione di lavorazioni sostitutive del coccodrillo e della lucertola, per la vastità e la bellezza della gamma cromatica e i materiali spesso sorprendenti come il nylon indistruttibile, sigillo delle borse Prada che dagli anni ’80 vedono un successo planetario, dall’altro per il coinvolgimento sempre maggiore degli stilisti, simbolo dell’importanza dell’accessorio borsa nella definizione finale di uno stile. 

lunedì 24 giugno 2013

LEISURE_L'universo temporary di Louis Vuitton








L’eccellenza Louis Vuitton ha da oggi un nuovo punto di riferimento. Per celebrare lo stile e la moda uomo in una delle città simbolo dell’eleganze maschile, la Maison ha aperto a Firenze il primo temporary store. In un’originale atmosfera rétro, una selezione di ready-to-wear, pelletteria e borse da viaggio, scarpe, accessori (cinture, tessili e occhiali da sole), orologi e libri delle edizioni Louis Vuitton, è presentata in un ambiente pensato, disegnato e dedicato all’eleganza e ai bisogni del gentleman contemporaneo.
Collegato all’esistente boutique fiorentina femminile, ma con un’entrata separata, il nuovo spazio esplora un nuovo concept architettonico nell’universo dei negozi della Maison: fedele al desiderio di Louis Vuitton di rendere unico ogni contesto, per il nuovo temporary store è stata creata un’identità precisa, complice l’utilizzo di arredi vintage originali degli anni ’50 e ’60, tutti disponibili, tra l’altro, per la vendita.
Le vetrine dello store sono decorate con le leggendarie librerie di “LB7” di Franco Albini del 1957, che risultano essere la scenografia ideale per esporre le borse e gli accessori della Maison. Gli iconici motivi Monogram e Damier nonché i nuovi prodotti in pelle Epi o in Damier Infini dai vibranti colori arancio e giallo fluo sono affiancati da capolavori del design come la dormosa “Cleopatra” di Dick Cordemeijer per Auping (1953) o la scrivania da ufficio della collezione Tecno di Osvaldo Borsani.
Quattro sketches dell’ultima collezione di sfilata maschile, appositamente disegnati per il temporary store da Kim Jones, Direttore Stile e Studio Uomo Louis Vuitton, sotto la Direzione Artistica di Marc Jacobs, sottolineano la presenza della collezione di ready-to-wear della Maison, eleggendo Firenze a quarto negozio in Italia - dopo le Maison di Roma Etoile e Venezia e lo store di Milano Montenapoleone - in grado di offrire tutta la gamma di prodotti maschili del marchio.
Per celebrare l’apertura del temporary store, due dei più esclusivi “Sport Objects” Louis Vuitton sono esposti all’interno: la “Bike Polo”, la bicicletta per polo urbano realizzata in acciaio, alluminio, l’iconica pelle Louis Vuitton e la tela in Damier Graphite, e la “Soap Box Racer”, le cui forme sono ispirate al fiore del Monogram Louis Vuitton, ricoperta dalla tela in Damier Graphite e realizzata come special order negli atelier Louis Vuitton di Asnières.
Il temporary store maschile Louis Vuitton di Firenze rappresenta una nuova tappa nello sviluppo retail del brand in Italia, un luogo centrale per il marchio che ha appena aperto la sua seconda Maison a Venezia (con all’interno il primo spazio culturale Louis Vuitton in Italia), il primo resort pop-up store a Forte dei Marmi e ha rinnovato ed ingrandito il negozio di Capri.

Louis Vuitton temporary store uomo
Firenze, Via degli Strozzi, 21/R

Orari di apertura: 
Lunedì – Sabato 10.00 – 19.30 / 
Domenica 11.00 – 19.30


LOUIS VUITTON
Fondata nel 1854 a Parigi, Louis Vuitton è da sempre sinomimo dell’Arte del Viaggio. Gli iconici bauli, bagagli e borse hanno accompagnato numerosi viaggiatori nel corso degli anni. Con l’arrivo di Marc Jacobs, come Direttore Artistico nel 1997, Louis Vuitton ha esteso il proprio savoir-faire all’abbigliamento, alle scarpe, agli accessori, agli orologi ed ai gioielli, disponibili esclusivamente nei negozi della Maison presenti in più di sessanta paesi nel mondo. In Italia Louis Vuitton ha 18 negozi oltre al servizio di e-commerce.