giovedì 31 maggio 2012

PEOPLE_Christian Louboutin: il genio dello stiletto dalle suole rosse








Materiali inediti – tra i quali, per esempio, la corteccia di palma per uno spettacolo a Pigalle - e tacchi scultura sono i tratti distintivi dell’estro calzaturiero di Christian Louboutin, creatore e artigiano insieme.  Lo stilista di scarpe dalle celebri suole rosso scarlatto. Una vocazione innata per il senso del bello, tradotta in linee e forme quintessenza di una trasgressiva femminilità, raffinata e conturbante al tempo stesso, elegante ma languida quel tanto che basta per innalzare le sue creazioni a oracolo del desiderio.
Nato a Parigi nel 1964, sin dalla tenera età sviluppa una sensibilità particolare per l’universo femminile crescendo attorniato dalle sue donne: la madre e le tre sorelle. Uno scenario che gli fa conoscere gli aspetti più segreti del magico mondo femmineo: ne diventa amico e complice, comprendendone le logiche e i linguaggi, messaggi subliminali per capirne le effettive esigenze e rispondervi con irresistibili tentazioni. Un’inclinazione naturale quindi sviluppata in famiglia e avvalorata dalla fascinazione subita in età giovanile dalla vita notturna dei nightclub. Le showgirl e il loro luccichio abbagliante gli ispirano le note più glamour di quelle che saranno le sue creazioni: a 16 anni i suoi disegni sono acquistati da una rinomata scuola di danza. Segue l’esperienza professionale, intrapresa con un primo praticantato al Folies Bergères e consolidata nella bottega di Charles Jordan in Romans. Lavora in seguito con Maud Frizon e con Chanel fino alla lunga e significativa collaborazione con Roger Vivier. Una tappa importante, questa con Vivier, perché segna inevitabilmente il futuro di Louboutin: trovando un paio di scarpe indossate all’incoronazione dello Scià Iraniano Mohamed Reza Pahlavi e delle décolleté di diamanti di Marlene Dietrich, comprende il suo destino, ossia disegnare veri e propri gioielli per piedi di dive e divine. Da qui in poi per la sua creatività visionaria e lungimirante non vi è più limite. Nel 1991 realizza e firma la sua prima collezione; l’anno successivo segue l’apertura del negozio di rue Jacques Rousseau nella Ville Lumière che annovera tra le clienti personaggi del calibro di Caroline di Monaco, Madonna, Nicole Kidman, Cher, Carolyn Bessette-Kennedy.  Le sue scarpe divengono per donne e celebrità sinonimo di sensualità e bellezza insieme; viene notato dal fashion system italiano e inizia a collaborare con gli stilisti più importanti: Chloé, Lanvin, Roland Mouret, Diane Von Furstenberg, Alexander McQueen, Viktor & Rolf. Per anni firma le fantasmagoriche calzature di Jean Paul Gaultier.
Nel 1998 vince il Fashion Footwear Association of New York Award, trofeo dell’anno per il miglior stilista di calzature e negli ultimi anni lancia la sua linea di borse abbinabili alle scarpe, caratterizzata da uno stile inconfondibile.
Inneggiando alla creatività più pura – “Con queste scarpe non si può pensare né di camminare, né tantomeno di correre, sono state realizzate per stare sdraiate”, questo il suo motto -, cavalca un ventennio celebrato proprio nel 2012 con una capsule collection di 20 modelli di scarpe e borse, l’inaugurazione della prima boutique online rivolta al mercato europeo, un libro edito da Rizzoli e un’interessante mostra al Design Museum di Londra. Ma non è tutto. Attratto dall’universo femminile in tutte le sue sfaccettature, a maggio del 2012 annuncia il lancio di una collaborazione con Batallure Beauty per la linea di cosmetici Christian Louboutin Beauté.
Qualche curiosità di Monsieur Louboutin: fonte di grande ispirazione sono l’amore per il giardinaggio e la passione per l’oriente; la suola rossa – “provocatrice d’invidie” – è stata al centro di una causa legale, con lo scopo di rivendicare la celebre nuance cromatica come patrimonio esclusivo della Maison; le sue creazioni sono state calzate - e lo sono tuttora - da schiere di celebrities, da Catherine Deneuve a Angelina Jolie, da Madonna a Victoria Beckham, passando per Sarah Jessica Parker, Blake Lively e Lady Gaga; grande amico della regina del burlesque, Dita Von Teese, ne personalizza le scarpe di ogni show; nel 2007 è stato impegnato nella mostra fotografica a tema fetish di David Lynch presso la Galerie du Passage di Parigi e per la cui realizzazione lo stesso regista ne ha richiesto espressamente la collaborazione: da qui la creazione da parte del genio dello stiletto delle fetish ballet heels, dal tacco vertiginoso a dir poco e dall’immancabile suola rossa, ça va sans dire; nel 2010 ha dedicato una sua calzatura, chiamata “Blake”, all’attrice e grande estimatrice del marchio, Blake Lively.
Insomma, Louboutin: un nome, una garanzia. Garanzia di femminilità e stile, trasgressione ed eleganza, intrigo e raffinatezza. Per osare in punta di tacco senza sussurri, ma esaltando le note più glamour di aspetti così forti, innata dotazione dell’universo femmineo.

martedì 29 maggio 2012

LEISURE_Christian Louboutin: vent'anni di stile e femminilità












Nella moda, a parte i loghi, vi sono simboli che evocano un marchio o una Maison, non limitandosi semplicemente alla mera citazione, ma portando alla mente, in un attimo, un ensemble intricato di significati e suggestioni, quintessenza di uno stile inconfondibile che si riconosce dai dettagli. Un tratto che sigilla il tutto, custodendo sotto chiave sogni, heritage e tradizione. È il caso, per esempio, della lavorazione matelassé per Chanel, dei chiodini in gomma per le calzature Tod’s (133 per la precisione), del leopardato per Dolce & Gabbana. Una lista che a ben vedere potrebbe proseguire all’infinito e che per ora concludiamo citando un dettaglio cromatico d’indubbio significato: la suola rossa. Un tocco di fuoco quasi nascosto, visibile quel tanto che basta per evocare l’universo di Monsieur Christian Louboutin. Vere e proprie scarpette per moderne Cenerentola, entrate di diritto nella storia della moda e del design e ora oggetto di celebrazioni in occasione del ventennio: una monografia pubblicata da Rizzoli, una capsule collection - in edizione strettamente limitata che riunisce il meglio della produzione - e ora una mostra al Design Museum di Londra.
Christian Louboutin nasce a Parigi negli Anni Sessanta e cresce circondato dalle donne: sua madre e, soprattutto, le tre sorelle. Un contesto famigliare particolare che, a detta dello stilista stesso, l’ha in qualche modo aiutato nel suo lavoro, mettendolo in stretto contatto con l’universo femminile fino a diventarne amico e poi complice. Spirito libero e autodidatta, in men che non si dica scopre il design non frequentando una scuola ma visitando un museo: l’illuminazione alla vista di un bozzetto di scarpa. Da lì Louboutin comprende che tutto è frutto di un pensiero. Un pensiero che prende forma attraverso il disegno.
La mostra londinese non si sofferma tanto sul lavoro quanto sul sodalizio che quest’ultimo ha avuto con la sua intera vita, non essendovi una netta distinzione tra i due aspetti, come spesso capita per i grandi artisti. Lavoro e vita, vita e lavoro: si plasmano, si contaminano, prendono forma l’uno nell’altro sussurrandosi segreti; divengono l’immagine speculare delle proprie interiorità, trasmettendo l’emozione di un ricordo che si traduce in forme e colori, in un ciclo interminabile di significati evocati.
A dimostrazione di un simile e forte legame tra questi due aspetti, l’allestimento riprende i temi che da sempre sono fonte incommensurabile d’ispirazione: il cabaret - nel 1981 lavora brevemente per il Folies Bergère aiutando le ballerine e disegnando le loro scarpe - e il cinema.
Un po’ luna park – con il teatro delle ombre perché “ciò che definisce una scarpa è prima di tutto la sua linea”, la giostra che gira e il giardino segreto – e un po’ teatro – con un grande palco sul quale si esibisce in uno spettacolo di burlesque la stupefacente versione ologramma di Dita Von Teese, l’unica delle sue clienti a venire citata – l’allestimento è pensato per celebrare in tutti i modi possibili le vere protagoniste: le scarpe.
Ogni modello è esaltato - come la diva di cui spesso porta il nome - da luci da palcoscenico e superfici di specchio che permettono di apprezzarne tutti i particolari. Vi sono anche alcuni dei modelli che Louboutin ha realizzato nel 2002 per l’alta Moda di Yves Saint Laurent, segnando l’unico episodio in cui il suo nome è stato associato a quello di un altro stilista.
Uno spazio è poi dedicato a una raccolta di prototipi o modelli molto particolari per la ricerca dei materiali e l’abilità artigianale nel lavorarli, un aspetto caro a Louboutin che confida molto nella professionalità manuale come fattore irrinunciabile per la realizzazione di simili gioielli da piede. In questa sezione spiccano la scarpa di pelle di salmone del 1987 e quella col tacco a lattina del 1994, che invita a riflette sul tema del riciclaggio.
E visto che dietro alla realizzazione di un capo o un accessorio vi si cela una quantità inestimabile di lavoro progettuale, ad accogliere il visitatore la versione museale dello studio dell’artista, con il grande tavolo sul quale si trova un po’ di tutto, in una sorta di caos armonico: la tazza del caffè, le chiavi di casa, ma anche disegni preparatori, campioni di tessuto e tanti altri oggetti che suscitano la sua curiosità.
E se retrospettiva deve essere, che si rievochi con una piccola selezione di lavori anche la mostra Fetish del 2007 per la quale ha Louboutin ha disegnato una serie di scarpe fotografate poi da David Lynch.
Un’esposizione raccolta, intima e non molto estesa, ma ricca di dettagli da ammirare, studiare e desiderare. Ricca di tutto l’universo Louboutin, in un mix di trasgressione e raffinatezza, per solcare in punta di tacco vent’anno di successi e glamour.


Christian Louboutin
Design Museum di Londra, 28 Shad Thames,
fino al 6 luglio

lunedì 28 maggio 2012

LEISURE_La moda degli anni ’30 nei disegni di John Guida






Nata nel 1985 per promuovere iniziative, ricerche e studi d’interesse artistico, culturale e tecnologico nel campo della produzione tessile e dell’arte contemporanea, la Fondazione Ratti ospita negli spazi del Museo studio del tessuto fino al 28 giugno i disegni di John Guida, celeberrimo figurinista di moda tra le due guerre. In mostra una trentina di schizzi a matita e acquerello realizzati tra il 1930 e il 1938, donati da una collazione privata: un percorso tra le immagini che consente di avventurarsi nelle tendenze della moda del periodo, percependone i gusti, lo stile e le evoluzioni. Ecco svettare trionfanti linee sottili e affusolate, tagli di sbieco che valorizzano la figura, tessuti stampati utilizzati in quantità. Forme e dettagli che impreziosiscono la persona, mettendola al centro di un’idea creativa enfatizzata in ogni sua ragione d’essere. Un percorso professionale quello di John Guida – Giovanni Guida all’anagrafe - piuttosto particolare. Nato a Santa Maria Capua Vetere nel 1888, nel 1913 si trasferisce a Roma, dove partecipa - l’anno successivo - all’Esposizione sulla Moda del Circolo degli Artisti, cominciando a firmarsi con lo pseudonimo John. Dopo la prima guerra mondiale risiede a Parigi per tre anni. Un soggiorno in seguito al quale decide di rientrare a Roma: qui avvia una stretta collaborazione con i Magazzini Coen (oggi chiamati Coin) per i quali lavora praticamente in esclusiva. All’epoca la moda è un fenomeno alquanto élitario, tanto che soltanto pochi privilegiati fanno capolinea alle sartorie blasonate: la maggior parte acquista i tessuti e si rivolge alla sarta o al sarto di fiducia. E proprio in questo John Guida risulta innovativo. Cavalcando l’onda del trarre ispirazione dall’haute couture francese, realizza modelli che le clienti possono utilizzare come suggerimenti per tagliare i tessuti in vendita. John Guida frequenta le sfilate di Parigi, conosce i dettami dell’alta moda e le tendenze che verranno: sulla scia di queste considerazioni, elabora bellissimi figurini di grandi dimensioni, esposti nelle 13 vetrine dei magazzini Coen, accanto ai tessuti in vendita, quasi a suggellare una sublime armonia tra l’idea e la sua diretta esecuzione pratica. In altre parole, tanti modelli all’ultima moda che facilitano l’utilizzo delle stoffe. Le sue creazioni vengono pubblicate sulla rivista dei magazzini. Progenitore di un moderno direttore creativo, Guida si occupa anche di pubblicità, da gran conoscitore quale è scrive di moda e, di concerto con i Coen, offre un servizio in più ai clienti: proposte di moda originali ma dal mood internazionale. Una vera novità per il tempo, abituato a una clusterizzazione estetica dettata soprattutto dall’inesistenza di riviste patinate propriamente dette. Ma non è tutto. Dal suo estro creativo, combinato con la lungimiranza dei Coen, si sviluppa l’idea dei cartamodelli, favorendo in tal modo la fruizione della complessa moda anni ’30.
Un percorso creativo ricco e articolato, che ha messo la moda nero su bianco nell’edulcorata esaltazione dei suoi canoni estetici, favorendone la diffusione presso un vasto pubblico, in un vago accenno a quella che sarebbe divenuta la comunicazione figurativa dei decenni seguenti.
Ugualmente ricca la mostra che oltre ai già citati disegni annovera documenti, cartamodelli, fotografie e l’omonima rivista distribuita dai magazzini alla clientela. A corollario tessuti italiani e francesi provenienti dalle collezioni e dagli archivi lariani, nonché abiti d’epoca nel tentativo – riuscito – di accogliere il visitatore nel tempo di Guida, autentico ed élitario. Dulcis in fundo, i filmati dell’Istituto Luce con sfilate ospitate a Villa d’Este a Cernobbio proprio negli anni ’30.
Stile, eleganza e raffinatezza gli ingredienti di questo magio viaggio dal retrogusto d’antan, nell’esplorazione emozionale di un significato iconografico che si spinge oltre la semplice apparenza visuale.

John Guida. Figurinista di moda fra le due guerre
Fondazione Antonio Ratti, Villa Sucota, via per Cernobbio 19, Como
dal 13 aprile al 28 giugno 2012,
ingresso libero, lunedì-venerdì 10.00-13.00/14.30-17.30; sabato e domenica 11.00-19.00

giovedì 24 maggio 2012

ABOUT_Appunti di stile e di vita firmati Gianfranco Ferré






Terzo appuntamento con gli appunti di stile e di vita firmati Gianfranco Ferré. Riflessioni fatte ad alta voce dallo stilista stesso e messe nere su bianco, a testimoniarne lo stile indiscusso nella moda così come nella realtà quotidiana. Oggi il nostro viaggio inizia con la femminilità che per Ferré deriva direttamente dall'eleganza maschile, intesa nei suoi codici più puri di comodità e solidità; si prosegue con le figure che ha sempre considerato come dei veri punti di riferimento a cui ispirarsi, primis tra tutti Balenciaga per i volumi e le forme, Dior relativamente al senso del lusso e Chanel quale emblema dell'emancipazione della donna nel mondo della moda; si finisce con l'amore per le grafiche e le fantasie - in particolar modo per le righe -, passando per il culto delle forme e del disegno quale strumento indispensabile per concretizzare di un'idea. 
Ma ecco dalle sue vive parole cosa possiamo sapere...


Femminilità
Curiosamente le mie ricerche nell’ambito dell’abbigliamento maschile mi hanno aiutato a ridefinire e ad arricchire l’immagine che ho della femminilità e dell’eleganza. Disegnare collezioni per uomo mi ha aiutato a capire meglio la moda femminile. L’eleganza maschile si è manifestata in termini di regole, canoni, codici nel concetto tradizionale dell’”uniforme”: una giacca, un pantalone ed eventualmente un gilet. Concetti che ho voluto rivedere e, quando l’ho ritenuto possibile, adattare al gusto femminile. Ritengo di aver ottenuto risultati spettacolari, se non addirittura innovatori in diversi casi, giocando con gli opposti, unendo il desiderio maschile di comodità e solidità alla sobrietà di una femminilità sempre raffinata: camicie impeccabili, dal taglio maschile ma realizzate con tessuti preziosi, femminili. La giacca da smoking addolcita dalla trasparenza del tulle. Tessuti dei pastrani militari usati per cappotti e redingotes avvitate. L’uniforme militare di una volta, la sua ricchezza, la sua opulenza, la ripetizione degli elementi decorativi, le astuzie tecniche e i valori simbolici che la contraddistinguono, è stata una fonte preziosa e un punto di riferimento per l’eleganza femminile d’oggi.

Figure di riferimento
Balenciaga, Dior, Chanel: sono queste - insieme a Worth che per me è il reale fondatore della moda in senso “moderno” - le grandi figure di riferimento per l’eleganza contemporanea e, in particolare, per il mio modo di concepirla e di realizzarla sulla base di quelle che considero vere e proprie affinità, in particolare nei confronti di Balenciaga e di Dior. Con Balenciaga per l’assoluta perfezione delle sue forme e dei suoi volumi - anche di quelli eccentrici, esasperati, irregolari in modo sublime. E con Christian Dior per il suo senso del lusso e dell’opulenza, per la sua ricerca costante nel segno di una femminilità sublime, fatta di silhouettes donanti, di dettagli preziosi, di interpretazioni materiche inusitate. Mentre ammiro Mademoiselle Chanel quale formidabile artefice della liberazione e dell’emancipazione della donna nell’ambito della moda, con le sue linee semplici, i suoi materiali “poveri”, il nitore delle sue fogge”.

Forme
“La primissima definizione formale di un’idea di abito si concretizza nel disegno, un punto d’arrivo nella dimensione della realtà ed insieme un punto di partenza per un progetto. Nello specifico, il disegno per me è necessità e passione insieme. Mi è indispensabile per fermare le impressioni e dar loro un abbozzo di consistenza, in uno schizzo veloce, fatto di pochi tratti a matita, precisi e sintetici. La silhouette fissata nei suoi punti essenziali - le spalle, la vita, le gambe che si allungano sul foglio - consta di poche linee, ma è già una figura. Non potrei mai concepire un abito immobile sulla gruccia: per me ogni embrione di abito è già qualcosa di vivo, perché “lo sento” dotato sin dall’inizio dell’animazione che danno il passo ed il movimento. E come in un normale processo di crescita, questa sorta di essenza dell’abito acquista ben presto forza ed identità quando le poche linee del mio bozzetto vengono sviluppate secondo i principi della geometria in un disegno tecnico, nel quale le forme, le componenti ed i particolari dell’abito vengono analizzati, scomposti e ridefiniti da codici, numeri, misure, elementi di riferimento universalmente comprensibili e condivisibili”.

Grafiche & Fantasie
“Tra rigore e fantasia, le righe rappresentano un elemento che stimola moltissimo la mia fantasia ed appaga il mio senso estetico, nella moda non meno che nel decor della casa, dimensione in cui le righe per me hanno veramente un ruolo primario anche perché hanno sempre “segnato” in modo speciale gli ambienti in cui sono cresciuto e tuttora connotano la dimensione domestica della mia esistenza. Amo le righe per la loro essenzialità grafica che sa essere, allo stesso tempo, potenzialità espressiva, per la ricchezza di variazioni sul tema che consentono, dal gessato più classico ai motivi “bajadère” più vivaci…”.