lunedì 30 aprile 2012

LEISURE_Quando Baccarat fa rima con Patricia Urquiola e Philippe Starck












“Il cristallo incarna la relazione tra luce, trasparenza e rifrazione. Una forma di ordine estetico e formale, che dà spazio e libertà alla sua funzione, alla sua interpretazione”. Queste le parole dell’archistar Patricia Urquiola, la donna più corteggiata nel campo dell’interior design, commistione di culture e ispirazioni e ora impegnata con Baccarat – Maison di cristalleria di lusso – nella realizzazione di Variations, linea di vasi e bicchieri. Una collezione ispirata dal ricordo del padre mentre componeva a pianoforte e composta da una suite di elementi dai colori vivaci, in bilico tra oggetto raffinato e scultura  e in cui si reinventano i principi dell’intaglio del savoir-faire Baccarat.
Prosegue la Urquiola, “…dopo aver scoperto la Manifattura e l’archivio Baccarat, ho capito che il cristallo offriva ancora molti sentieri inesplorati, in particolare, quello del lavoro a quattro mani, un duetto in cui si coniugano l’eccellenza del savoir-faire e una forma d’arte seriale, da quasi 250 anni”. Ecco quindi uno stile tutto femminile – ludico e versatile nei suoi giochi d’equilibrio, caratterizzato dalle inaspettate combinazioni di colori - reinterpretare l’Art de Vivre. Un’arte di vivere concepita come un vero e proprio rituale, legato a piacevoli momenti quotidiani come quello del ricevere, in cui gli oggetti del passato convivono con quelli del presente, mescolandosi ed esaltandosi reciprocamente. Che siano in cristallo trasparente o colorato, i vasi e i bicchieri Variations, combinando le forme in base a determinati principi di composizione, suscitano un incantato effetto sorpresa che tocca tutti i tasti della percezione sensibile. Plissettata, liscia o intagliata, con altezze e diametri diversi, ciascuna delle paraison (preforme) mette in risalto la solidità e le caratteristiche tattili di ogni base. Le note di colore donano una cifra stilistica neo-pop e rilassata. Avvolti da un morbido alone, i vasi hanno un carattere scultoreo, sublimato da intagli unici e ineguagliabili.
In un mix&match di contrasti e armonia, Variations reinterpreta e reinventa il cristallo, dal più solido al più leggero, accordando tutto all’unisono con una melodia di forme proiettate in Colorama.

Il Crystal si fa Dream se firmato Philippe Starck per Baccarat.
In un’intonata sinfonia di contrasti e paradossi, di bagliori lucenti del cristallo trasparente e oscuri dell’onice, la collezione Darkside by Philippe Starck dal 2005 rinnova la tradizione del nobile materiale in una suggestiva e conturbante versione noire, un classico divenuto caro alla Maison Baccarat.
A distanza di sette anni dal suo esordio, la collezione annovera una linea di arredi – Crystal Dream – che rivisita il lusso contemporaneo del cristallo nero. Due le creazioni che evocano lo spirito innovativo di Philippe Starck, fino ad oggi disponibili solo su commissione e ora su catalogo: il tavolo Crystal Supper Black e la console Small Crystal Supper Black. Per un interior design che sempre più si fonde con il vissuto quotidiano, combinando sapientemente la luminosità del giorno al mistero dell’oscurità, in un gioco intrigante di opposti che si cercano e si compensano. Nell’evocazione appena sussurrata di lusso ed esclusività

LEISURE_La fotografia di moda in mostra al MIA Fair a Milano





In una Milano in continuo fermento, alle prese con le nuove tendenze, attiva nella promozione d’incontri e appuntamenti che stimolino il confronto tra le diverse forme espressive artistiche e - non da ultimo - incline alla valorizzazione dei talenti emergenti, dal 4 al 6 maggio prossimi prende il via la seconda edizione del MIA – Milan Image Art Fair, la prima fiera in Italia dedicata alla fotografia e alla videoarte - negli spazi del Superstudio Più di via Tortona 27, una delle realtà più vive nel panorama culturale.
Innovativo il concetto strutturale “uno stand per ogni artista – ad ogni artista il suo catalogo”. In altre parole, a ciascuno degli oltre 250 espositori è chiesto di proporre le opere di un solo artista: in tal modo, il visitatore può assistere a oltre 200 esposizioni personali.
Ma non è tutto. A corollario di una simile novità, il self book, ossia il catalogo altamente personalizzato che il visitatore può comporre da sé durante il suo percorso esplorativo della mostra: ciascun artista, infatti, propone il suo fascicolo, raccogliendo i quali il visitatore idea e realizza la sua versione, unica e personale rispetto a quelle degli altri.
Una fiera, quindi, all’avanguardia sia per quanto attiene gli aspetti concettuali sia per quelli interattivi e d’allestimento. Vi sono, infatti, padiglioni dedicati, che mirano ad indagare con precisione chirurgica le contaminazioni tra le diverse forme artistiche, come per esempio il Fashion Photography che attraversa la storia della fotografia di moda e della società. 14 stand con 14 artisti che hanno interpretato l’industria dell’apparire con una cifra stilistica divenuta inconfondibile. 14 spazi dedicati alla bellezza senza tempo, al mistero della seduzione, all’intrigo sofisticato dell’eleganza. Per una moda che fa rima con glamour e società, dando voce con il linguaggio evocativo dell’immagine – edulcorato dagli aspetti più di tendenza della fashion industry - alle istanze culturali e valoriali, capisaldi nel tracciato di un percorso evolutivo. In tal senso, emblematiche le parole di Umberto Eco: La società parla. Parla quotidiana-mente attraverso i suoi vestiti, il suo abbigliamento, i suoi abiti. Chi non sa ascoltarla parlare, con i suoi segni verbali, l’attraversa senza vederla. Non la conosce. Non la modifica”. E se è quindi vero – ed è vero – che la società si esprime attraverso la moda, soffermiamoci per qualche istante, per sentire cosa ha da dire. Quale migliore occasione, dunque, se non il padiglione Fashion Photography del MIA Fair, dove la moda viene catturata dalla fotografia che per immagini ne ripropone i contenuti essenziali, simbolo di un’epoca – passata, presente o futura – che ha pervaso le nostre vite con tutto il suo carico immaginifico e valoriale, sintesi sublime di un particolare contesto storico.
Dal sodalizio tra fotografia e moda sono nate opere indimenticabili che si sono spinte oltre le pagine dei giornali e delle riviste patinate per approdare – a pieno titolo – nel mercato dell’arte. La creatività dei fotografi di moda ha contribuito a generare universi dell’immaginario che hanno segnato la storia dell’arte, ma ancora di più, hanno interpretato e influenzato la società nel suo divenire.  
Col passare del tempo, l’immagine femminile nelle riviste di settore ha fatto da specchio ai cambiamenti del ruolo sociale della donna e della relativa percezione estetica. I grandi autori presenti al padiglione Fashion Photography del MIA Fair hanno aggiunto a questa naturale evoluzione la loro personale vocazione fatta di tocchi maestri, decodificando messaggi, inventando stili e atmosfere unici e straordinari.
Dal punto di vista del collezionismo fotografico, il settore dedicato agli scatti di moda è uno di quelli in maggior crescita, annoverando schiere di estimatori e cultori che scelgono d’investire, attraverso aste e gallerie, su simili idee artistiche, trionfo sublime di glamour e libertà d’espressione.
I 14 stand ospitati nell’elegante lounge offrono al pubblico l’ingresso privilegiato a un mondo fatto d’incanto, scomposto e ricomposto in storie, immagini, invenzioni, stile, bellezza, atmosfere, eleganza, forme e modernità. Un mondo dal quale – una volta entrati e respirata l’aura sofisticata e ammaliatrice – è impossibile tornare indietro, restando l’unica strada possibile quella di andare avanti. Andare avanti per scoprire la moda e i suoi linguaggi, per interpretarla in modo differente dall’effimero e vederla come l’effettiva chiave di volta per svelare e giustificare l’evolversi del tempo; per vedere, conoscere, modificare la società…sulla scia della declaratio di Umberto Eco.

I 14 artisti selezionati da Enrica Viganò – membro del comitato scientifico del MIA e curatrice del padiglione – rappresentano un ventaglio eccezionale delle infinite declinazioni della fotografia di moda: dai maestri italiani che nel dopoguerra collaboravano con i più famosi atelier (De Antonis, Mulas, Castaldi) fino ai grandi reporter prestati alle riviste di moda (Klein e Leiter); dall’analisi sociologica del fenomeno del vestire nei diversi continenti (Sidibè, Sartorialist) agli interpreti più quotati degli anni ’80 e ’90 (Watson, Comte, Ritts, Gemelli); dall’artista Pop per antonomasia Andy Warhol con le sue preziose polaroid fino alle più recenti creazioni di Uli Weber e Rodney Smith. Un percorso da sogno tra vestiti, modelle, profumi, colori, linee, stilisti e idee sconfinate.


MIA Fair – Milan Image Art Fair 2012Padiglione Fashion Photography
a cura di Enrica Viganò
Superstudio Più
, Via Tortona 27, Milano
4 – 6 maggio 2012
Orari: venerdì 4 maggio dalle 12.00 alle 22.00 | sabato 5 maggio dalle 11.00 alle 21.00 | domenica 6 maggio dalle 11.00 alle 20.00


venerdì 27 aprile 2012

LEISURE_Moda e fotografia protagoniste a Hyères




Nel cuore della Costa Azzurra vi è un angolo delizioso che più di ogni altro sembra aver mantenuto il gusto autentico del passato. Tra Belle époque, centro antico e vicoli suggestivi, la città di Hyères mantiene un allure unico e magico, reso ancora più magnetico in questi giorni dalla 27esima edizione del Festival Internazionale di Moda e Fotografia. Moda, fotografia e arte contemporanea rinnovano ogni anno il loro tradizionale appuntamento a due passi dal mare, tra tocchi glamour e note rigorose, alla ricerca di una comune estetica senza compromessi. Dieci fotografi e altrettanti stilisti emergenti, sono i protagonisti di un avvicendarsi di eventi strutturati nell’arco di quattro giornate (dal 27 al 30 aprile) e di una serie di esposizioni visitabili sino al 26 maggio.
In mostra il loro talento, con lo scopo di ottenere la vittoria di uno degli ambitissimi premi – tra cui l’Oréal Jury Grand Prize, il Prix Chloé e il Grand Prix du Jury Photographie, sotto l’occhio vigile delle prestigiose giurie che vantano nomi come il fotografo Michael Wolf per la fotografia e Yohji Yamamoto per la moda.
Nelle immagini dei dieci fotografi finalisti (Jessica Eaton, Richard Kolker, Namsa Leuba, Hanna Putz, Florian van Roekel, Akira Somekawa, Brea Souders, Yasuyuki Takagi, Manuel Vazquez, Olga Cafiero), tutte in bilico sul filo sempre più sottile tra fotografia e arte contemporanea, ricorre una capacità di raccontare il presente per evocazioni, dettagli minimi, sussurri. Luci evanescenti e diafane presenze sembrano rincorrersi tra gli scatti: dal ghigno inquietante di un cavallo albino e dai veli di tulle appesi come fantasmi di ballerine fotografati dall'italo-svizzera Olga Cafiero, ai corpi bianchi, intrecciati e nudi ritratti dall'austriaca Hanna Puzt, fino alle linee tracciate dall'americana Brea Souders, che scopre geometrie simboliche nella spirale di una conchiglia o nella schiena bruciata dal sole di una ragazzina.
Il festival per l’edizione 2012 pare essersi ispirato alla ricerca di un’eleganza minimale e contemporanea, liberata da tutti quegli elementi di contorno spettacolare, rumoroso ed esagerato. Purezza ed essenzialità rappresentano il leitmotiv dell’intera manifestazione che trova nei lavori dei singoli artisti valide approvazioni.
Giovani talentuosi in gara ma non solo. Tra le mostre in programma, infatti, Yohji Yamamoto at Large, ispirata alla carriera del presidente della giuria Yamamoto, con gli scatti che hanno segnato le tappe del suo percorso creativo, e Pretty Much Everything, antologia degli oltre vent'anni anni di amore e di creazione condivisa di Inez Van Lamsweerde e Vinoodh Matadin, coppia di artisti-fotografi olandesi che ha saputo caricare di sensi nuovi la fotografia di moda, dando immagine ai desiderio, complessità all'apparenza, e creando icone che resistono al tempo.
Un fitto programma di appuntamenti anima le quattro giornate d’eventi, con workshop, seminari, conferenze che vedono la partecipazione d’illustri personaggi del mondo della moda, dell’arte e della cultura e mirano a indagare i possibili legami tra queste diverse discipline senza trascurare le forme di regolamentazione. Eventi nell’evento organizzati dalla Fédération française de la couture, du prêt-à-porter, des couturiers et des créateurs de mode, con la collaborazione della Camera Nazoionale della Moda Italiana, del DEFI e dell’Institut Français de la Mode.
Un appuntamento tradizionale che vede la moda catturata dalla fotografia e la fotografia evocare il significato più sublime di una forma d’arte dal retrogusto glamour. Due discipline che molto hanno a spartire, caratterizzate da reciproche contaminazioni ma soprattutto avvalorate nel loro essere da un confronto profondo, con il quale mettere a contatto le proprie peculiarità nella resa di un risultato incantato, somma espressione dell’arte figurativa umana e intellettuale.


IL FESTIVAL
Il Festival Internazionale di Moda e Fotografia di Hyères - diretto da Jean-Pierre Blanc dalla sua prima edizione, risalente a 27 anni fa – ogni anno scopre una decina di creatori di moda emergenti e altrettanti fotografi, sotto l’accurata selezione di una prestigiosa giuria, rappresentativa dell’intera filiera di queste due discipline artistiche.
Osservatorio di tendenze e piattaforma di debutto internazionale dedicato ai giovani talenti, Hyères ha presentato oltre 300 collezioni di stilisti provenienti da tutto il mondo e più di 130 lavori di fotografi internazionali. Parallelamente al concorso, nel corso di ogni edizione il festival presenta nella città di Noailles - disegnata negli anni ’20 da Robert Mallet-Stevens - numerose esposizioni che esplorano le contaminazioni tra arte, fotografia, moda e design. 
Anno dopo anno, complice un ambiente lontano dai clichés legati agli aspetti più patinati del mondo della moda, l’evento attrae un pubblico sempre più nutrito ed eterogeno vuoi per formazione vuoi per vocazione: creatori, imprenditori, responsabili uffici stile, agenti, galleristi, direttori di musei e fondazioni, rappresentanti, distributori, grandi magazzini.
Agli artisti in gara – stilisti o fotografi che siano – viene offerta una vera e propria opportunità professionale, in virtù della risonanza mediatica e della potenzialità dei contatti che fornisce.   
Aperto al pubblico, il festival invita quest’ultimo a prendervi parte attivamente, votando il defilé preferito (a cui è possibile assistere gratuitamente) e decretando in tal modo il vincitore del Prix du public.

IL CONCORSO MODA
Nel corso delle tre giornate del Festival, i giovani creatori selezionati presentano dapprima singolarmente le loro collezioni ai membri della giuria e poi agli operatori del settore e al pubblico sottoforma di tre defilé.
Il concorso ha tenuto a battesimo talenti consacrati nell’olimpo dei divini: Viktor & Rolf, per esempio, sono passati dalla ridente cittadina francese per approdare all’universo fashion internazionalmente riconosciuto.
Una delle caratteristiche peculiari del Festival di Hyères sta proprio nell’interesse che ha sempre suscitato nelle prestigiose personalità succedutesi nella composizione della giuria, tra cui John Galliano, Jean-Charles de Castelbajac, Jean Colonna, Martin Margiela, Martine Sitbon, Ann Demeulemeester, APC, Mariot Chanet, Helmut Lang, Gilles Dufour, Véronique Leroy, Michel Perry, Alexander Van Slobbe, Philip Treacy, Hussein Chalayan, Gaspard Yurkievich, Bernhard Willhelm, Bless, Christophe Lemaire, Karl Lagerfeld, Lutz, José Lévy, Jean Paul Gaultier, Pierre Hardy, A. F. Vandevorst, Yvan Mispelaere, Anna Sui, Christian Lacroix, Azzedine Alaïa, Riccardo Tisci, Haider Ackermann, Kris van Assche, Dries Van Noten, Raf Simons.
In un contesto poco favorevole ai brand emergenti, il festival sviluppa tutte quelle condizioni che agevolano l’ingresso sul mercato di nuove realtà, avvalendosi d’importanti partnership come Puntoseta, che mette a disposizione dell’estro creativo originali tessuti stampati, e Swarovski Elements. O come Première Vision, che invita i candidati selezionati dal 14 al 16 febbraio, mettendoli in contatto con gli espositori che li possono sostenere nella realizzazione delle loro collezioni destinate al festival con materie prime e servizi di vario genere.  


IL CONCORSO FOTOGRAFIA
Per il dodicesimo anno consecutivo – e sotto la direzione di Michel Mallard e Raphaëlle Stopin - il festival apre le porte alla fotografia. Il principio alla base dell’iniziativa è molto semplice: svolgere la medesima funzione sviluppata con i giovani creatori, mettendoli in relazione con i professionisti del mondo dell’arte e della stampa, per creare le condizioni per un futuro promettente e stimolare le collaborazioni.
Il festival rappresenta in tal modo un trampolino di lancio internazionale da un punto di vista artistico, editoriale e commerciale, data la visibilità dell’evento e l’esclusività degli attori chiamati in gioco a vario titolo. I lavori degli artisti in gara sono esposti con mostre collettive ma anche, e soprattutto, con piccoli focus di portfolio. 

giovedì 26 aprile 2012

BOOK_Quanti sono i domani passati per Valentina Cortese?







Lo scorso mercoledì 11 aprile, avvolta in un abito in seta color glicine, raffinata, elegante e divina come nessuna, Valentina Cortese ha presentato negli spazi del suo tanto caro e adorato Piccolo Teatro di Milano l’autobiografia “Quanti sono i domani passati”, edita Mondadori.
Un appuntamento emozionante per molti aspetti: per la presenza scenica dell’attrice, mito del teatro e del cinema in tutto il mondo; per lo scenario scelto per la presentazione, luogo in cui l’artista ha vissuto intensi momenti della sua vita personale e professionale; per l’eccezionalità degli aneddoti raccontati, che hanno visto protagonisti grandissimi personaggi della storia del cinema e del bien vivre d’alta società di un tempo, presentati però nella loro essenziale normalità, complice la semplicità e la spontaneità narrative di Valentina.
Un’artista che ha perseguito gli ideali di grazia e bellezza e ai quali - a detta della medesima - intende rimanere fedele, soprattutto in un’epoca come quella attuale, troppo affezionata alla volgarità e alla bruttezza.
“Sono un’attrice vecchio stile, con la voce flautata. Nella vita, lo so, cerco di fare il clown, cerco di tenermi questa etichetta che mi hanno messo addosso della diva un po’ evanescente e che, in fondo, mi protegge e mi fa comodo”. Ma tolti gli abiti di scena, Valentina è soprattutto una donna, con una grande umanità che la rende vicina più di qualsiasi altra persona. Gli aspetti divini rimangono nelle meravigliose creazioni sartoriali firmate Capucci piuttosto che Galante – tripudi di shantung di seta volti a riprodurre gigli primaverili o eleganti drappi e sovrapposizioni, quintessenza di uno stile che è andato sparendo nel tempo; nel turbante sapientemente portato; nei modi di presentarsi; ma parlando della vita, dalle sue parole trapela un’inaspettata e gradita semplicità. “Io amo la vita anche se la vita spietatamente ci scaraventa là, così, subito, brutalmente nel caos”. E proprio la sua vita, raccontata nel libro, sembra una favola hollywoodiana, che inizia allo scoccare del nuovo anno in una Milano d’altri tempi, per passare alle rive dell’Adda imbiancato, fino a Torino, Roma, Cinecittà, Hollywood e poi al palcoscenico del Piccolo Teatro. Una vita costellata di successi e di grandi amori con uomini altrettanto grandi: Victor De Sabata, Giorgio Strehler; d’incontri e amicizie straordinarie: da Fellini a Marilyn Monroe, da Truffaut a Alda Merini.
Infiniti gli aneddoti – sensibili o pepati che siano - che Valentina racconta ogni volta con emozione: dal teatrino costruito da papà Giuseppe al sorriso di Paolo Grassi quando era già in clinica a Londra malato di cuore, dal sorriso di Marcello Mastroianni quando gli aveva avvolto una sciarpa in cachemire gialla al collo mentre andava verso il Teatro Manzoni (una delle sue ultime rappresentazioni) alla mano di Victor (de Sabata) che conduce il Tristano e Isotta, passando per l’abbraccio di Giorgio (Strehler), i passi traballanti del figlio Jackie quando a nove mesi cammina da solo sulla Queen Elizabeth di ritorno da Hollywood, il whisky gettato con violenza in faccia a Darryl Zanuck, fino ad arrivare a ogni primo passo compiuto per entrare in scena.
Una donna, un’attrice, un mito che nella grandiosità della sua vita ha saputo preservare nell’anima un approccio fanciullesco con il quale ancora oggi vive, vede e interpreta il mondo: “Il mio passato vive nel mio presente. Porto dentro di me tutta la pienezza della mia vita affettiva, dei ruoli che ho interpretato, dei luoghi che ho conosciuto, delle case che ho abitato con la stessa vivida memoria con la quale conservo in me la mia infanzia”.

Quanti sono i domani passati, di Valentina Cortese, Mondadori, 18 €