lunedì 8 ottobre 2012

STYLE_La geometria cromatica di Louis Vuitton








Sulle note tratte dall’opera “Einstein on the Beach” di Philip Glass, si apre la sfilata della Collezione Donna Primavera/Estate 2013 di Louis Vuitton.
Ancora una volta la Maison chiama a compiere un viaggio: questa volta, però, non alla scoperta di luoghi lontani o attraverso dimensioni sconosciute, bensì nella geometria, quintessenza di una resa formale e di un’equilibrata estetica concettuale.
Tutto è bilanciato e ponderato, in una sorta di matematica devozione all’equilibrio di forme, contenuti e visioni: dall’alto di un’elegante scala mobile, discendono come colonne, coppie di figure dalle precise silhouette, che attraversano in orizzontale e schematicamente la passerella realizzata in vetro con geometrie optical gialle e bianche, per poi ritornare indietro sulle scale. Un continuo fluire di stile e glamour, in un perpetuo quanto calibrato scorrere di grazia e bon ton.
Ogni singolo look si presenta all’interno del perimetro di un rettangolo, se considerato secondo la prospettiva di un architetto, interrotto orizzontalmente in tre livelli e con le maniche come unica deviazione dalla linea retta.
Tutto è equilibrato, rigoroso e lineare: non vi è spazio per arzigogolati esercizi di stile; l’essenzialità regna sovrana, mostrando il suo aspetto più sofisticato e, al tempo stesso, determinato, capace di imporsi agli sguardi per la sua inconfondibile – quanto indimenticabile – semplicità. Una piacevole ri-scoperta di una purezza tout court intesa: di volumi, tagli, linee e contenuti.
Marc Jacobs, Direttore Artistico della Maison, si è ispirato per questa collezione al lavoro di Daniel Buren, artista concettuale francese, caratterizzato per il suo minimalismo astratto nonché per il suo utilizzo di grandi linee regolari a contrasto, che integrano l’opera visiva al circostante spazio architettonico. In particolare, l’opera “Les Deux Plateau”, una serie di 260 colonne di 3 differenti altezze, ha fatto da fil rouge per l’intero allestimento della sfilata.
Per quanto riguarda il contenuto estetico e formale della collezione, come afferma lo stesso Jacobs “è un contrasto netto rispetto alla stagione precedente, con il romantico che lascia il posto ad una precisione matematica. I fiori comunque presenti in collezione, diventano astratti e dalle forme stilizzate, quasi irriconoscibili. Ma il tema più ricorrente è sicuramente la griglia di quadrati, omaggio al celebre motivo Damier della Maison”.
Una svolta pressoché radicale per la cifra stilistica del marchio, al pari della totale assenza del motivo Monogram, vuoi sugli abiti che sulle borse: a trionfare su tutto, quale emblema di Louis Vuitton nonché elemento di demarcazione con i suoi codici estetici, è il motivo Damier (scacco). Creato nel 1888 – precedente al Monogram di 8 anni –, nasce nella classica nuance bicolore marrone e beige; rilanciato nel 1996 – e 10 anni dopo, rinvigorito con le tonalità celesti e panna della versione damier Azur -, è divenuto parte integrante dell’heritage Louis Vuitton per arrivare a porsi come tratto distintivo nella collezione Primavera/Estate 2013, caricandosi di una forza e una vivacità del tutto nuove, complici i colori decisi, i numerosi materiali utilizzati e le dimensioni scalari, che donano ad abiti e accessori una grafica netta e precisa. 
E se la geometria è il fil rouge attorno al quale si snoda l’intera collezione, passerella e allestimento compresi, l’idea di una perpetua dualità percorre l’intero defilé, impostando ogni riferimento su un duplice ed equilibrato riferimento: i colori a contrasto dei quadrati, i tessuti che alternano materiali brillanti e opachi, presenza e assenza, nel caso degli abiti con dettagli o motivi cut-out. Un’opposizione duale, o per meglio dire simmetrica, che trova un’ulteriore validazione nella presentazione realizzata per mezzo di coppie di modelle: una scelta per nulla casuale, bensì dettata da una particolare ispirazione stilistica. Marc Jacobs, infatti, ha preso spunto da due icone francesi degli anni ’60, differenti tra loro per eleganza e interpretazione estetica, Françoise Hardy e Jane Birkin: la prima, abituata a indossare abiti piuttosto coprenti, la seconda, a svelarsi. Opposti che si respingono nella loro mera apparenza formale, ma si attraggono per l’implicita idea di buon gusto, volta a valorizzare e personificare la semplicità quale elemento irrinunciabile di uno stile senza eguali e senza tempo.
Una semplicità che si esprime attraverso la purezza e la linearità delle forme, accompagnate da una passione quasi votiva per la cura rigorosa dei dettagli. Una pioggia di minuscole paillettes decora gli abiti, creando superfici metalliche e fluide; altre più grandi, invece, sono cucite a rilievo in precise griglie per dare vita a textures geometriche. Ricami realizzati con il “tuffetage”, una tecnica rubata alla lavorazione dei tappeti, su pelle e abiti enfatizzano un effetto ordinatamente sfrangiato, mentre piume applicate e delineate a mano, segnano precisi quadrati sui tessuti e ne ornano i bordi.
Un lavoro semplice e lineare, almeno in apparenza, frutto di una precisione estrema e di tecnicismi virtuosi: linee e cuciture, considerate nella loro singolarità, non sono casuali, bensì rivendicano un’importanza architettonica e rigorosa, fedeli al rispetto millimetrico di proporzioni e distanze, pena l’intera compromissione della creazione. Non è un caso, quindi, che i quadrati del Damier corrispondano perfettamente alle cuciture di ogni singolo capo, mentre i ricami e le superfici decorate combacino e chiudano esattamente ogni griglia. Non da ultimo, la pelle subisce uno speciale trattamento con cui viene pressata, garantendo leggerezza e spessore pressoché unici.
Lo stesso rigore lineare e geometrico degli abiti, è stato applicato anche agli accessori. Le borse Envelope (buste) e Flat (cartelle), sono accompagnate dall’iconico bauletto Speedy, reinventato e trasformato sulla scia di un’impostazione matematica che predilige forme squadrate e cubiche. Le scarpe hanno punte allungate e presentano un particolare decoro: un fiocco senza vezzi, ma – ça va sans dire – con intenti geometrici. Una leggerezza concettuale enfatizzata dal tacco di metallo a parallelepipedo iper sottile.
Una collezione rigorosa, netta ed essenziale, tripudio di una semplicità senza tempo e volta a enfatizzare lo stile e l’eleganza della Maison, che dell’essenzialità ha fatto il leitmotiv della propria interpretazione estetica. Heritage e passione, buon gusto e ricerca formale: queste le note di fondo di una collezione che guarda con favore alle donne che indossano abiti e accessori con carattere, donando loro una carica in più qual è l’allure personale, vera nota di testa. Al cuore, invece, un omaggio sussurrato, ma nemmeno troppo, a Yves Carcelle (Presidente di Louis Vuitton) e alla sua dedizione per la Maison, emblema universale di lusso e sinonimo di uno stile di vita unico, sinfonia di perfezione e praticità.

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