giovedì 4 ottobre 2012

PEOPLE_David LaChapelle: tra sarcasmo, teatralità ed estetica














David LaChapelle nasce l’11 marzo 1963 a Fairfield, nel Connecticut. Dopo aver visto ed esplorato il mondo attraverso gli occhi del suo sguardo e del suo obiettivo, ha scelto Los Angeles e le Hawaii quali luoghi in cui abitare e lavorare, ma soprattutto da cui trarre una continua ispirazione, la stessa che si può piacevolmente ritrovare in ogni sua immagine.
La sua carriera inizia nei mitici anni ’80, proprio quelli dell’ostentazione e della magnificenza, della materialità e dell’apparenza, dove prolificava il benessere e chiunque si permetteva un’agiatezza alle volte, magari, al di sopra delle proprie possibilità. Sin dalle prime esposizioni, LaChapelle si distingue agli occhi del pubblico per il suo lavoro magnificamente attento alla cura del dettaglio: una lungimiranza estetica ai limiti del manierismo, spesso esasperata, utilizzata per porre in evidenza un determinato aspetto e che, senza troppe difficoltà, incrocia il favore di Andy Warhol. Il Maestro, rimasto incantato dalla ricerca formale e tecnica, gli offre i primi lavori come fotografo per Interview Magazine. Un importante banco di prova ma soprattutto un’eccellente vetrina attraverso la quale LaChapelle presenta ufficialmente al grande pubblico la sua chiave di lettura artistica: i suoi ritratti di celebrità riscuotono approvazione e successo, tanto che in breve tempo inizia varie collaborazioni con le pubblicazioni editoriali più in voga dell’epoca, gettando le basi di un nuovo e memorabile concetto di campagna pubblicitaria.
Le sue immagini diventano così le cover, piuttosto che i servizi fotografici a corollario di redazionali di moda, d’importanti riviste del calibro di Vogue Italia, Vogue Francia Vanity Fair, GQ, Rolling Stone e i-D, ritraendo i personaggi più prestigiosi dello star system: Madonna, Tupac Shakur, Amanda Lepore, Eminem, Philip Johnson, Lil’ Kim, Uma Thurman, Elizabeth Taylor, David Beckham, Jeff Koons, Leonardo DiCaprio, Hillary Clinton e Muhammad Ali sono solo alcuni dei nomi di coloro che non hanno saputo resistere al fascino eccentrico ma sofisticato della sua resa fotografica.
Uno stile unico e inconfondibile, che strizza l’occhio alla contaminazione artistica quale forma espressiva per antonomasia con cui dare voce al proprio estro, quintessenza di ricerca tecnica, cura del dettaglio, senso del bello e ricchezza dei contenuti. Caratteristiche che lo proiettano di diritto nel firmamento dei divini, facendolo diventare un punto di riferimento per la fotografia internazionale. Una creatività, la sua, in cerca di una continua modalità d’espressione e alimentata da una forte curiosità verso tutto quello che risuona come nuovo: una spinta all’esplorazione che lo induce, nel tempo, a dedicarsi al mondo musicale, realizzando video, eventi teatrali e docu-film. Da qui le collaborazioni con Christina Aguilera, Moby, Jennifer Lopez, Britney Spears, The Vines e No Doubt, senza dimenticare gli spettacoli The Red Piano e Ceasar’s Palace realizzati ad hoc per Sir Elton John.
Nel 2006 la svolta: LaChapelle decide di ridurre al minimo la sua attività nell’ambito delle immagini a fini commerciali, decidendo di tornare sulle proprie orme e focalizzarsi sull’arte fotografica tout court. Un percorso per così dire introspettivo, alla ricerca di un tempo perduto in cui gli scatti rappresentavano per lui l’intensità di un momento, pronta a durare in eterno. Un’eternità temporale che trova validazione in una serie di esposizioni in giro per il mondo, volte a celebrare il suo genio creativo: il Barbican Museum, Londra (2002), Palazzo Reale, Milano (2007), il Museo del Antiguo Colegio de San Ildefonso, Mexico City (2009), il Musée de La Monnaie, Parigi (2009), il Museo di Arte Contemporanea di Taipei, Taiwan e il Museo d’Arte di Tel Aviv, Israele. Nel 2011 viene allestita una delle più grandi mostre a lui dedicate al The Lever House di New York, a cui seguono numerose retrospettive che fanno il giro del mondo.
Per ogni suo scatto, oggi come allora, LaChapelle continua a essere ispirato dalla storia così come dalla cultura o dall’atmosfera hawaiana che si trova a vivere quotidianamente, trovando tracce e suggerimenti in qualsivoglia elemento legato direttamente alla nostra vita. Visioni che, nelle sue immagini, perdono la loro reale conformazione alla volta di un aspetto fortemente estetico e per così dire amorevole, ma al tempo stesso potentemente critico. L’esasperazione formale di LaChapelle, infatti, diviene un tecnicismo con il quale contestare la materialità e l’apparenza sulle quali la società, negli ultimi 25 anni, ha fondato il suo credo e la sua filosofia di vita. Le sue fotografie, spaziando nei generi e nei temi – dalla moda alle celebrità, dalla pubblicità ai soggetti reali – celano nella loro teatralità estetica una carica di denuncia estremamente pronunciata, connubio ideale di contemporaneità e intelligenza. Estremi che si attraggono e si respingono in una continua fuga dalla realtà, segnata da un inevitabile ritorno a essa. 

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