martedì 9 ottobre 2012

ABOUT_A spasso per Milano: via della Spiga






Il Quadrilatero della moda rappresenta uno dei luoghi universalmente noti di Milano. Attrattiva per migliaia di turisti, mecca dello shopping per agiati compratori di tutto ciò che fa rima con moda e lusso, punto di riferimento impareggiabile per veri estimatori dell’italian style - percepito come un vero e proprio approccio alla vita, caratterizzato da eleganza e glamour -, crocevia di razze e culture nonché di sofisticate mises e eccentriche tendenze, denotanti l’incontenibile confine tra essere e apparire. Qualunque sia l’interpretazione socio-culturale che se ne dà, il Quadrilatero altro non è, in realtà, che un semplice incrocio di prestigiose vie milanesi che sin dalla loro origine si sono caratterizzate per un’allure rarefatta e fascinosa.
Asse cruciale attorno al quale si snoda, è la celeberrima via Montenapoleone a cui corre parallela l’elegante via della Spiga, prestigioso salotto della Città. Qui sono presenti oltre 70 marchi, rappresentanti le più svariate categorie merceologiche – di alta gamma, ça va sans dire -, dai gioielli all’abbigliamento, dalle scarpe al design. Un concentrato di griffes ma non solo. Abbandonando, infatti, l’aspetto più patinato e contemporaneo e lasciandosi cullare dalla sua atmosfera intima e socievole, si può respirare un’atmosfera da borgo medievale. Un’esperienza quasi proustiana che riporta agli antichi fasti e svela la natura più autentica della via, risalente a secoli fa. Con il suo andamento lievemente sinuoso, via della Spiga rappresenta un tratto della Camminadella (o del Terraggio) che correva all’interno delle mura medievali. Lunga 520 metri e larga 6, è ubicata all’interno delle cinte murarie e si contraddistingue dalle altre vie limitrofe del Quadrilatero per la sua pavimentazione a lastricato irregolare (pavé): una configurazione con cui preserva un’immagine d’altri tempi, figlia di una storica valenza architettonica, in grado di emozionare ogni volta che la si percorre, invitando a lasciarsi cullare dalla magica atmosfera che la permea in ogni angolo. Tutt’attorno è evocativo e induce la memoria a prendere parte attivamente alla partecipazione emozionale di questo luogo-non luogo in grado di separarsi dalla Città e, al contempo, accogliere a essa, mettendo a proprio agio chiunque vi transiti, complici i cortili che invitano ad addentrarsi negli angoli meno visibili e più raccolti. Una visione intimista di una delle strade più note e glamour a livello internazionale, ma, al contempo, seconda casa da vivere in tutte le sue sfumature. Storia e architettura si avvicendano, anche e soprattutto per merito di importanti testimonianze dell’urbanistica del secondo dopoguerra come Palazzo Garzanti, al numero civico 29, realizzato dal famoso architetto e designer milanese Giò Ponti.
Adiacente a via Senato, dove scorreva il Naviglio Interno, costruito nel 1450 per incrementare l’attività mercantile della Città e coperto solo nel 1930, via della Spiga rappresenta un asse cruciale del centro storico. Gli edifici che si affacciano su di essa, infatti, sono costruzioni nate e definite tra il ‘400 e il ‘500, tipiche dei palazzi edificati vicino ai corsi navigabili. L’origine del nome è piuttosto curiosa nonché dibattuta. Tradizione vuole attribuirne la paternità alla nobile famiglia Spighi, contemporanea di Francesco II Sforza. Tuttavia, diversi storici della toponomastica cittadina ne ricercano l’etimologia in una vecchia lapide custodita fino al secolo scorso nel monastero delle Orsoline di S. Spirito dove era inciso un anagramma in latino di “Pacis” e la cui traduzione suonava così: “Spiga, un nome di pace. Chiunque ama comporre il grato nome di pace. Questo luogo, ove cresce la spiga (pace) il nome ha di pace”. Buoni auspici che, tuttavia, non hanno risparmiato la via della pace da numerosi bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, compromettendo in modo irreversibile la facciata di alcuni sontuosi edifici neoclassici, tra cui il già citato Palazzo Garzanti, il Palazzo Groppello e la Casa Sola. Nell’800 assume una veste ribelle, diventando lo scenario – insieme al resto del Quadrilatero – del romanticismo milanese e crocevia privilegiato di personaggi e tendenze culturali. Commercianti e artigiani popolano la via con le loro botteghe e i loro laboratori. Le famiglie borghesi che vi abitano, invece, la utilizzano come zona di servizio per scuderie e lavatoi. Al volgere della fine del secolo, la città assume nuove sembianze e via della Spiga, ancora una volta, diventa palcoscenico privilegiato di un mondo a sé stante, l’altra faccia della medaglia per così dire, ma pur sempre sincronizzato ai fermenti contemporanei. Diviene un importante punto di riferimento della scapigliatura milanese con il suo storico Caffè Merlo, frequentato da artisti e poeti del calibro di Emilio Praga e Iginio Ugo Tarchetti. Via della Spiga diventa il luogo di ritrovo per eccellenza, una strada in cui le botteghe favoriscono le relazioni umane e stimolano l’interazione con lo spazio circostante. Qui dimora Francesco Restelli, avvocato e membro attivo del Governo provvisorio Lombardo e senatore del Regno d’Italia, ma anche Cesare Correnti, colui che ha dato vita alle Cinque Giornate. Con il passare degli anni, la via si è modificata in simbiosi alle evoluzioni socio-culturali, pur mantenendo intatta quell’allure prestigiosa e sofisticata che da sempre l’hanno resa centro nevralgico della vita urbana milanese. Negli anni ’50 del secolo scorso, si sono insediati gallerie e studi d’arte, viva testimonianza di quel desiderio di rinascita dell’Italia del dopoguerra: sedi espositive, ma soprattutto luoghi di riferimento per le varie formazioni culturali, tra i quali, degni di nota, sono le gallerie “15 Borgonuovo”, Farsetti e “Spiga” e la libreria “Stato” in via S. Spirito. Nella via, inoltre, abitano Fulvio Bianconi, noto soprattutto per le opere in vetro prodotte a Murano nella fornace di Paolo Venini, e il pittore Mario Rossello. A corollario, numerose botteghe ne animano la vita quotidiana con le loro attività e il continuo andirivieni di persone. Realtà commerciali che resteranno fino agli anni ’80, l’epoca dell’avvento dei giovani stilisti, i quali, con tutto il loro carico di creatività e intraprendenza, prenderanno il posto del celeberrimo fruttivendolo soprannominato Giuseppe Garibaldi, della caratteristica fiaschetteria con le uova sode sempre esposte, di Ambrogina la fruttivendola, delle cartolerie, del negozio di bottoni, della macelleria, della libreria Garzanti e del famoso negozio di calze e guanti su misura. Sarà l’inizio di una nuova epoca per via della Spiga o, meglio, di una nuova vita: d’un tratto sarà proiettata nell’Olimpo della moda, divenendo punto di riferimento dello stile, universalmente apprezzata quale prestigioso salotto glamour, crocevia di mode e tendenze.  Una metamorfosi iniziata gradualmente già negli anni ’60 e proseguita a gran ritmo per i due successivi decenni: da strada secondaria, via della Spiga si è ritrovata a essere il tempio indiscusso della moda. Il primo cambiamento in tal senso è databile 1963 con l’apertura della prima boutique “Cose”, su iniziativa di Nuccia Fattori: un negozio caratterizzato da un’impostazione controcorrente, che propone un nuovo modo di vestire e raccoglie tendenze di diverse estrazioni etniche e stilistiche. Un’iniziativa all’avanguardia, che sviluppa il cosiddetto concetto di antimoda, eleggendo Milano quale prima città italiana pronta a raccogliere le tendenze di un abbigliamento già affermato all’estero. In tal modo, gli stilisti della moda controcorrente scelgono via della Spiga come loro tempio votivo, in cui esporre, incontrare il pubblico e promuovere le loro interpretazioni estetiche. Proprio come era avvenuto per gli scapigliati nell’800 e le arti nel 1950. La via, quindi, per l’ennesima volta diviene un luogo di sperimentazione, una sorta di incubatore, fiera della sua immagine rassicurante e, al tempo stesso, votata a proporsi quale vetrina per nuovi e ingegnosi talenti.
Dalla moda al prêt-à-porter il passo è stato breve e, in men che non  si dica, via della Spiga ha assunto la sua attuale configurazione, tripudio osannato di prestigiosi marchi made in Italy perlopiù, quintessenza di stile e glamour, raffinatezza e originalità. Con il suo susseguirsi di luccicanti vetrine e insegne prestigiose, la via è divenuta una rappresentazione scenica e patinata della moda tout court, in cui trovare esposte le ultime tendenze, trarre idee e ispirazioni, o semplicemente godersi la sua magica atmosfera. Chiave di volta per un simile cambiamento, Giò Moretti, che nell’arco di pochi anni apre tre boutiques, insieme a Krizia, Versace e Ferré. La moda e la sua ricercatezza trovano nell’intimità e nella configurazione storica di via della Spiga un’isola felice, in cui esprimere al meglio quella cura per il dettaglio e il senso estetico. Un’ondata di musica nuova per la via che vi ha saputo prontamente rispondere, mantenendo viva la sua vocazione squisitamente artistica, tributo armonioso di tempo, spazio, architettura, vita collettiva e memoria.  

Qualche amenità…
All’immagine patinata dei giorni nostri, fino agli anni 80 e ’90 via della Spiga aveva prediletto una dimensione per così dire più rionale, caratterizzata da un susseguirsi di botteghe e negozi di artigiani.
Su tutti, da segnalarsi la trattoria storica Alfio al n. 34, frequentata negli anni ’80 da Indro Montanelli e dai vip del giornalismo italiano; il verduraio al n. 5; il fruttivendolo al n. 29; due panifici, uno al n. 46 e un altro al 52; il pollivendolo al n. 31 e la macelleria al n. 33. Ma non solo…due negozi di parrucchiere, al n. 8 e al n. 36 e un famoso calzolaio al 22, proprio dove oggi ci sono le vetrine di Tod’s.
Last but not least, quasi a segnare il destino modaiolo della via, è proprio qui che si è svolta in un garage all’interno dell’edificio ubicato al n. 25 la prima sfilata di Gianni Versace. Un segno del destino o una casualità? Sicuramente il preludio della nuova vita di via della Spiga, sempre e comunque all’insegna della sua naturale vocazione volta a promuovere la cultura puramente intesa, qualunque sia la sua forma d’espressione. 

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